Buongiorno
Non è vero che non si può fare
Il blog di Vito Troilo
martedì 10 luglio 2018
Ha ragione Gianpietro Losapio, presidente della Comunità Oasi 2 San Francesco Onlus, nel rimarcare una frase pronunciata tempo fa da Leoluca Orlando: «Non decidiamo dove nascere ma decidiamo dove morire».
Molto più semplicemente, Ibra e Zeinab hanno deciso di continuare a vivere, esercitando quel diritto a spostarsi all'interno del pianeta che è proprio, senza dubbio, di ciascun essere umano.
Ibra Leight è originario del Gambia, lo stato meno popoloso del continente africano. È connazionale di un biscegliese ormai acquisito, il simpatico e fortissimo centravanti del Don Uva Foday Trawally. Immagino si conoscano. Ibra è meno bravo di lui coi piedi ma in Italia (dov'è sbarcato nel 2015) ha tutta l'intenzione di restarci per svolgere la professione di mediatore culturale, per la quale sta studiando e lavorando sodo, consapevole dell'opportunità preziosa di cui dispone. La sua semplicità è la cartina tornasole della propensione di un ragazzo apparso subito affabile e incredibilmente disposto all'ascolto se si considerano le difficoltà che ha dovuto affrontare per raggiungere la serenità di Villa San Giuseppe, degnissima location e modello positivo di accoglienza.
Zeinba Al-Megassees è irachena e quando regge fra le braccia la sua piccola e dolcissima Midia (che ha poco più di un anno) non riesce proprio a nascondere l'evidenza di sentirsi la persona più felice del mondo. Come darle torto? Suo marito Sajjad è un giornalista e appena l'ho saputo non ho perso un solo minuto nell'avvicinarmi a lui per chiedergli di riprendere a scrivere. Qui, su BisceglieViva. Troveremo il modo di capirci: qualcosa inventeremo.
Ho espresso senza esitare la mia contrarietà totale all'iniziativa stucchevole e inutile di infilarsi una maglietta rossa per poi non dimostrare, in concreto, alcuna vicinanza a questi uomini e a queste donne. In tutta sincerità confido di poter dare un contributo fattivo provando, attraverso il racconto di queste due storie (e magari di altre), a colmare la distanza che separa il pregiudizio (talvolta anche comprensibile e tutt'altro che irrazionale) dalla realtà.
Del resto lo ha detto Ibra, lunedì mattina, durante il suo intervento nel corso della conferenza stampa di presentazione della biciclettata del rifugiato: «Non è vero che non si può fare». Teniamolo sempre a mente non limitandoci ai soli propositi. Buongiorno.
Molto più semplicemente, Ibra e Zeinab hanno deciso di continuare a vivere, esercitando quel diritto a spostarsi all'interno del pianeta che è proprio, senza dubbio, di ciascun essere umano.
Ibra Leight è originario del Gambia, lo stato meno popoloso del continente africano. È connazionale di un biscegliese ormai acquisito, il simpatico e fortissimo centravanti del Don Uva Foday Trawally. Immagino si conoscano. Ibra è meno bravo di lui coi piedi ma in Italia (dov'è sbarcato nel 2015) ha tutta l'intenzione di restarci per svolgere la professione di mediatore culturale, per la quale sta studiando e lavorando sodo, consapevole dell'opportunità preziosa di cui dispone. La sua semplicità è la cartina tornasole della propensione di un ragazzo apparso subito affabile e incredibilmente disposto all'ascolto se si considerano le difficoltà che ha dovuto affrontare per raggiungere la serenità di Villa San Giuseppe, degnissima location e modello positivo di accoglienza.
Zeinba Al-Megassees è irachena e quando regge fra le braccia la sua piccola e dolcissima Midia (che ha poco più di un anno) non riesce proprio a nascondere l'evidenza di sentirsi la persona più felice del mondo. Come darle torto? Suo marito Sajjad è un giornalista e appena l'ho saputo non ho perso un solo minuto nell'avvicinarmi a lui per chiedergli di riprendere a scrivere. Qui, su BisceglieViva. Troveremo il modo di capirci: qualcosa inventeremo.
Ho espresso senza esitare la mia contrarietà totale all'iniziativa stucchevole e inutile di infilarsi una maglietta rossa per poi non dimostrare, in concreto, alcuna vicinanza a questi uomini e a queste donne. In tutta sincerità confido di poter dare un contributo fattivo provando, attraverso il racconto di queste due storie (e magari di altre), a colmare la distanza che separa il pregiudizio (talvolta anche comprensibile e tutt'altro che irrazionale) dalla realtà.
Del resto lo ha detto Ibra, lunedì mattina, durante il suo intervento nel corso della conferenza stampa di presentazione della biciclettata del rifugiato: «Non è vero che non si può fare». Teniamolo sempre a mente non limitandoci ai soli propositi. Buongiorno.