Buongiorno
Non sono radical chic: posso entrare?
Il blog di Vito Troilo
lunedì 24 luglio 2017
0.51
Se qualcuno all'ingresso mi avesse chiesto chi fossi e cosa volessi, la mia risposta sulla difensiva sarebbe stata la frase che ho scelto per il titolo di questo blog. Giovedì ho trascorso una serata che il compianto Paolo Villaggio avrebbe definito, senza indugio, "agghiacciante", malgrado i circa 30°: ho seguito una lettura poetica (la chiamano "reading" col chiaro intento di allontanare gente estranea) presso l'orto botanico. Un'esperienza terribile che non augurerei a nessuno e di certo non per quanto ascoltato (pur se ho trovato eccessivamente pesanti certe composizioni).
Lo sanno tutti: non sono radical chic e ne vado fiero. Col trascorrere degli anni ho imparato ad accettare persino l'esistenza degli statunitensi e il fatto che condividano un pianeta con me ma i radical chic non riesco proprio a capirli.
Non che li detesti, per carità: sono incapace di provare sentimenti così negativi. Solo mi chiedo sempre più incuriosito come riescano a conservare, intatta nel tempo, quella incredibile capacità di ritenersi superiori a tutto e a tutti, di sentirsi gli unici depositari della cultura, del gusto, della raffinatezza, del concetto di solidarietà sociale. Sono convinti (e ho la netta sensazione che cambierebbero idea molto difficilmente) del fatto che le persone estranee alla loro cerchia non possiedano alcun tipo di cultura, non leggano libri, non facciano volontariato, non abbiano il diritto di esprimere un'opinione.
Venerdì, nella breve recensione dell'evento su questo sito, ho rimarcato l'impressione di aver assistito, quasi da infiltrato, a un'iniziativa volutamente esclusiva. Sono dispiaciuto e l'ho scritto, convinto che non ci sarebbero stati commenti da parte degli organizzatori della lettura poetica, figurarsi dai gestori del giardino botanico. I radical chic sono bravissimi a far finta di nulla e non sono disposti a confrontarsi con gli altri, perché li ritengono inferiori.
Giovedì sera ho respirato l'aria di supponenza tipica delle mai rimpiante fabbriche di Nichi, i tragici regni dell'inconcludenza di una generazione incapace di immaginare un futuro che non fosse settario e contro qualcuno. Gente purtroppo incurante del fatto che ragazzi e ragazze possano avere qualcosa da dire anche se non portano determinati cognomi, non hanno frequentato e non frequentano determinate scuole.
Eppure mi piacerebbe fare qualcosa, con l'approccio che utilizzo in tutti gli altri campi della vita, per spingere queste iniziative tutt'altro che da disprezzare, anzi meritevoli.
Ci si chiede spesso per quale motivo la cultura sia fanalino di coda nelle classifiche di rendimento e di popolarità sul web. Una risposta convincente a questo interrogativo credo sia il disagio che ho provato giovedì nel seguire l'evento presso l'orto botanico: il giornalista, più che l'uomo, si è sentito indesiderato. Per le strade del centro storico e nelle zone povere di questa città non mi è mai accaduto...
La cultura a Bisceglie è ridotta alla triste constatazione di avvenimenti nei quali la presenza di certi media (forse perché non ritenuti organici al pensiero unico o, peggio, capaci di muovere critiche) è a malapena tollerata. Figuriamoci la partecipazione della gente comune, "colpevole" di non essere radical chic. Buonanotte.
Lo sanno tutti: non sono radical chic e ne vado fiero. Col trascorrere degli anni ho imparato ad accettare persino l'esistenza degli statunitensi e il fatto che condividano un pianeta con me ma i radical chic non riesco proprio a capirli.
Non che li detesti, per carità: sono incapace di provare sentimenti così negativi. Solo mi chiedo sempre più incuriosito come riescano a conservare, intatta nel tempo, quella incredibile capacità di ritenersi superiori a tutto e a tutti, di sentirsi gli unici depositari della cultura, del gusto, della raffinatezza, del concetto di solidarietà sociale. Sono convinti (e ho la netta sensazione che cambierebbero idea molto difficilmente) del fatto che le persone estranee alla loro cerchia non possiedano alcun tipo di cultura, non leggano libri, non facciano volontariato, non abbiano il diritto di esprimere un'opinione.
Venerdì, nella breve recensione dell'evento su questo sito, ho rimarcato l'impressione di aver assistito, quasi da infiltrato, a un'iniziativa volutamente esclusiva. Sono dispiaciuto e l'ho scritto, convinto che non ci sarebbero stati commenti da parte degli organizzatori della lettura poetica, figurarsi dai gestori del giardino botanico. I radical chic sono bravissimi a far finta di nulla e non sono disposti a confrontarsi con gli altri, perché li ritengono inferiori.
Giovedì sera ho respirato l'aria di supponenza tipica delle mai rimpiante fabbriche di Nichi, i tragici regni dell'inconcludenza di una generazione incapace di immaginare un futuro che non fosse settario e contro qualcuno. Gente purtroppo incurante del fatto che ragazzi e ragazze possano avere qualcosa da dire anche se non portano determinati cognomi, non hanno frequentato e non frequentano determinate scuole.
Eppure mi piacerebbe fare qualcosa, con l'approccio che utilizzo in tutti gli altri campi della vita, per spingere queste iniziative tutt'altro che da disprezzare, anzi meritevoli.
Ci si chiede spesso per quale motivo la cultura sia fanalino di coda nelle classifiche di rendimento e di popolarità sul web. Una risposta convincente a questo interrogativo credo sia il disagio che ho provato giovedì nel seguire l'evento presso l'orto botanico: il giornalista, più che l'uomo, si è sentito indesiderato. Per le strade del centro storico e nelle zone povere di questa città non mi è mai accaduto...
La cultura a Bisceglie è ridotta alla triste constatazione di avvenimenti nei quali la presenza di certi media (forse perché non ritenuti organici al pensiero unico o, peggio, capaci di muovere critiche) è a malapena tollerata. Figuriamoci la partecipazione della gente comune, "colpevole" di non essere radical chic. Buonanotte.