Buongiorno
Riflessioni sul ruolo del giornalista
Il blog di Vito Troilo
giovedì 5 luglio 2018
13.37
Ho trovato particolarmente interessanti alcuni passaggi di Antonello Caporale, firma prestigiosa del Fatto Quotidiano, nel corso della piacevole conversazione al Bookstore Mondadori delle Vecchie Segherie Mastrototaro riguardo il suo ultimo saggio, destinato a conquistare con pieno merito la definizione di best seller.
Gli spunti da lui forniti nella fase del dibattito conclusivo, in risposta alle opportune sollecitazioni giunte dal pubblico, a proposito delle responsabilità dei media e della loro incidenza sui comportamenti dei cittadini hanno ottenuto l'effetto di indurmi a una serie di riflessioni.
Il modello giornalistico de "Il fatto" è dichiaratamente di controllo, inchiesta, persino di denuncia e costituisce la ragione stessa per cui il giornale è stato fondato: rispondere all'esigenza di un lettorato costantemente "all'opposizione" del potere, di qualsiasi verso esso sia. Va da sé che cercare di riprodurre a livello locale un impianto analogo e in scala più ridotta sarebbe un'impresa destinata all'insuccesso per diversi motivi, primi fra tutti l'assoluta inadattabilità del cliché a una realtà territoriale più ristretta e la divergente disponibilità in termini di risorse tecniche e professionali.
Eppure qualcuno, mancando evidentemente in lucidità, ha creduto di poter giocare al "piccolo Travaglio", quel che è peggio non per esercitare un anestetico sfoggio di presunte qualità giornalistiche ma nascondendosi dietro la sbandierata libertà di stampa per scaricare rancori e frustrazioni su altre persone, per di più appartenenti alla classe politica che certo non gode di buonissima reputazione, tanto da ottenere l'interessato sostegno degli avversari politici e qualche svogliato attestato di solidarietà di routine.
Caporale ha evocato la definizione di "odiatori seriali" per disegnare l'identikit dei soggetti che impiegano buona parte del loro tempo sul web a prendersela con qualcun altro forse illudendosi di poter, in questo modo, riscattare i propri fallimenti.
La discriminante, in concreto, è nel ruolo ricoperto e perciò nelle responsabilità: non che sia più o meno grave sfogare nevrosi, schizofrenie e sensi di inferiorità riempiendo di insulti un'altra persona ma è certo poco opportuno andare in escandescenze se si ritiene di appartenere degnamente a una categoria professionale che si occupa di comunicare al pubblico.
Caporale ha dimostrato che il percorso, intrapreso dal suo giornale, di spersonalizzazione della notizia ha un significato preciso: tanto più è credibile il giornalista quanto meno si accanisce nei confronti del potente in quanto essere umano, soffermandosi al contrario sui fatti di dominio pubblico e non sui suoi comportamenti privati.
Il lettore medio, specie nelle dimensioni più ridotte dell'informazione locale, ha da tempo bocciato l'idea di giornalismo contro la persona. Una pratica superata dai tempi, dalle mutevoli esigenze del fruitore di notizie, al quale non interessano i contrasti personali e i conti in sospeso del giornalista col potente di turno.
Con buona pace di tutti quelli che sembrano aver perso da anni un qualsiasi ruolo sociale, la credibilità, l'equilibrio interiore, il rapporto con la realtà e il privilegio di potersi svegliare al mattino senza l'obbligo di dover odiare qualcuno con l'intenzione di scaricargli addosso un'intera vita di fallimenti.
Il futuro a breve e medio termine del giornalismo, specie di quello locale, sembra focalizzabile nell'impiego della massima professionalità al servizio esclusivo del lettore, in un contesto nel quale i fatti siano ancora separati dalle opinioni, purché queste rimangano tali e non siano trasformate in subdoli pretesti per offendere, accusare, seminare odio.
Esaltati e vittimisti possono giusto tornare utili per un breve periodo a qualche furbacchione senza scrupoli e di scarsa lungimiranza convinto che buttarla in caciara, tra fake news e illazioni, possa servire a qualcosa. L'informazione di qualità, razionale e stemperata di qualsiasi rancore, per fortuna, avrà sempre la meglio. E i lettori, intelligenti, sapranno dove trovarla.
Gli spunti da lui forniti nella fase del dibattito conclusivo, in risposta alle opportune sollecitazioni giunte dal pubblico, a proposito delle responsabilità dei media e della loro incidenza sui comportamenti dei cittadini hanno ottenuto l'effetto di indurmi a una serie di riflessioni.
Il modello giornalistico de "Il fatto" è dichiaratamente di controllo, inchiesta, persino di denuncia e costituisce la ragione stessa per cui il giornale è stato fondato: rispondere all'esigenza di un lettorato costantemente "all'opposizione" del potere, di qualsiasi verso esso sia. Va da sé che cercare di riprodurre a livello locale un impianto analogo e in scala più ridotta sarebbe un'impresa destinata all'insuccesso per diversi motivi, primi fra tutti l'assoluta inadattabilità del cliché a una realtà territoriale più ristretta e la divergente disponibilità in termini di risorse tecniche e professionali.
Eppure qualcuno, mancando evidentemente in lucidità, ha creduto di poter giocare al "piccolo Travaglio", quel che è peggio non per esercitare un anestetico sfoggio di presunte qualità giornalistiche ma nascondendosi dietro la sbandierata libertà di stampa per scaricare rancori e frustrazioni su altre persone, per di più appartenenti alla classe politica che certo non gode di buonissima reputazione, tanto da ottenere l'interessato sostegno degli avversari politici e qualche svogliato attestato di solidarietà di routine.
Caporale ha evocato la definizione di "odiatori seriali" per disegnare l'identikit dei soggetti che impiegano buona parte del loro tempo sul web a prendersela con qualcun altro forse illudendosi di poter, in questo modo, riscattare i propri fallimenti.
La discriminante, in concreto, è nel ruolo ricoperto e perciò nelle responsabilità: non che sia più o meno grave sfogare nevrosi, schizofrenie e sensi di inferiorità riempiendo di insulti un'altra persona ma è certo poco opportuno andare in escandescenze se si ritiene di appartenere degnamente a una categoria professionale che si occupa di comunicare al pubblico.
Caporale ha dimostrato che il percorso, intrapreso dal suo giornale, di spersonalizzazione della notizia ha un significato preciso: tanto più è credibile il giornalista quanto meno si accanisce nei confronti del potente in quanto essere umano, soffermandosi al contrario sui fatti di dominio pubblico e non sui suoi comportamenti privati.
Il lettore medio, specie nelle dimensioni più ridotte dell'informazione locale, ha da tempo bocciato l'idea di giornalismo contro la persona. Una pratica superata dai tempi, dalle mutevoli esigenze del fruitore di notizie, al quale non interessano i contrasti personali e i conti in sospeso del giornalista col potente di turno.
Con buona pace di tutti quelli che sembrano aver perso da anni un qualsiasi ruolo sociale, la credibilità, l'equilibrio interiore, il rapporto con la realtà e il privilegio di potersi svegliare al mattino senza l'obbligo di dover odiare qualcuno con l'intenzione di scaricargli addosso un'intera vita di fallimenti.
Il futuro a breve e medio termine del giornalismo, specie di quello locale, sembra focalizzabile nell'impiego della massima professionalità al servizio esclusivo del lettore, in un contesto nel quale i fatti siano ancora separati dalle opinioni, purché queste rimangano tali e non siano trasformate in subdoli pretesti per offendere, accusare, seminare odio.
Esaltati e vittimisti possono giusto tornare utili per un breve periodo a qualche furbacchione senza scrupoli e di scarsa lungimiranza convinto che buttarla in caciara, tra fake news e illazioni, possa servire a qualcosa. L'informazione di qualità, razionale e stemperata di qualsiasi rancore, per fortuna, avrà sempre la meglio. E i lettori, intelligenti, sapranno dove trovarla.