Buongiorno
Una sera a Bisceglie
Il blog di Vito Troilo
mercoledì 11 ottobre 2017
Ho volutamente ridotto, nelle scorse settimane, la frequenza degli appuntamenti con questo blog per riflettere sui differenti temi che avrei in seguito affrontato.
Stufo quanto e forse più di voi delle vicende politiche locali, sulle quali comunque finirò per tornare nei prossimi giorni raccontando la scarsa considerazione verso i media di taluni personaggi, ho deciso di descrivere la città che si presenta davanti ai nostri occhi.
Mi sono chiesto tante volte cosa potesse spingermi, oltre l'innegabile timore verso l'ignoto, a restare qui. Bisceglie è la mia zona di comfort?
Qualunque sia la risposta a questo interrogativo che molti altri farebbero bene a porsi, mi sono domandato quale contribuito avrei potuto fornire, da semplice cittadino e più concretamente attraverso i mezzi di cui dispongo in ragione della professione che svolgo, alla crescita di questo paesone che ho ricominciato ad attraversare in auto, di sera, per contargli (e contarmi) i graffi, le cicatrici, le ferite delle carni e nell'animo.
Bisceglie è in una fase di inesorabile declino. Lo comprendi osservando i volti segnati dalla delusione di quella trascurata minoranza di ragazzi e ragazze che contano nella testa i giorni persi in questo posto fin troppo italiano nel quale se non sei "figlio di" o non lecchi qualche culo ti senti fottutamente fottuto. Gli altri, in netta maggioranza, non soffrono neppure perché le speranze, piuttosto che smarrirle, non le hanno mai nutrite. Ciondolano, soprattutto il sabato e la domenica, con la faccia appiccicata allo smartphone e i pochi spiccioli racimolati dai genitori lasciati in qualche distributore automatico: la trasposizione quasi cinematografica ma terribilmente reale di un disagio del quale non frega un cazzo a nessuno.
Bisceglie è spenta. Te ne accorgi facendo mente locale delle serrande che un tempo erano alzate e delle insegne che nel passato erano accese; transitando con sconsolatezza lungo piazza San Francesco e via Aldo Moro; ruotando la testa in cerca di una traccia di presenza umana in quartieri come Seminario e Sant'Andrea, totalmente abbandonati al proprio destino di dormitori asociali.
Bisceglie è stanca. Lo capisci scorrendo gli elenchi di chi, in misura sempre minore, impegna il suo tempo nell'associazionismo e nel volontariato: gli stessi nomi, la stessa voglia di apparire, le stesse parole vuote per esprimere quella boria che ha smesso da tempo di dare fastidio retrocedendo nel campionato dell'inutilità.
Bisceglie è imbambolata, come un pugile in attesa del knock-out.
Barcollo anch'io: è passata già l'una e non ho risposto alle domande che mi sono fatto. Non mi resta altra scelta che tornare a casa sussurrando il ritornello della canzone che dà il nome a questo blog.
«E buonanotte al cuore, che al buio si gonfia come il mare e scoppierà
E buonanotte, buonanotte amore a chi ti sveglierà
E buonanotte amore che nel buio fra le lenzuola stai cercando me
E buonanotte, buonanotte amore, buonanotte a te».
Stufo quanto e forse più di voi delle vicende politiche locali, sulle quali comunque finirò per tornare nei prossimi giorni raccontando la scarsa considerazione verso i media di taluni personaggi, ho deciso di descrivere la città che si presenta davanti ai nostri occhi.
Mi sono chiesto tante volte cosa potesse spingermi, oltre l'innegabile timore verso l'ignoto, a restare qui. Bisceglie è la mia zona di comfort?
Qualunque sia la risposta a questo interrogativo che molti altri farebbero bene a porsi, mi sono domandato quale contribuito avrei potuto fornire, da semplice cittadino e più concretamente attraverso i mezzi di cui dispongo in ragione della professione che svolgo, alla crescita di questo paesone che ho ricominciato ad attraversare in auto, di sera, per contargli (e contarmi) i graffi, le cicatrici, le ferite delle carni e nell'animo.
Bisceglie è in una fase di inesorabile declino. Lo comprendi osservando i volti segnati dalla delusione di quella trascurata minoranza di ragazzi e ragazze che contano nella testa i giorni persi in questo posto fin troppo italiano nel quale se non sei "figlio di" o non lecchi qualche culo ti senti fottutamente fottuto. Gli altri, in netta maggioranza, non soffrono neppure perché le speranze, piuttosto che smarrirle, non le hanno mai nutrite. Ciondolano, soprattutto il sabato e la domenica, con la faccia appiccicata allo smartphone e i pochi spiccioli racimolati dai genitori lasciati in qualche distributore automatico: la trasposizione quasi cinematografica ma terribilmente reale di un disagio del quale non frega un cazzo a nessuno.
Bisceglie è spenta. Te ne accorgi facendo mente locale delle serrande che un tempo erano alzate e delle insegne che nel passato erano accese; transitando con sconsolatezza lungo piazza San Francesco e via Aldo Moro; ruotando la testa in cerca di una traccia di presenza umana in quartieri come Seminario e Sant'Andrea, totalmente abbandonati al proprio destino di dormitori asociali.
Bisceglie è stanca. Lo capisci scorrendo gli elenchi di chi, in misura sempre minore, impegna il suo tempo nell'associazionismo e nel volontariato: gli stessi nomi, la stessa voglia di apparire, le stesse parole vuote per esprimere quella boria che ha smesso da tempo di dare fastidio retrocedendo nel campionato dell'inutilità.
Bisceglie è imbambolata, come un pugile in attesa del knock-out.
Barcollo anch'io: è passata già l'una e non ho risposto alle domande che mi sono fatto. Non mi resta altra scelta che tornare a casa sussurrando il ritornello della canzone che dà il nome a questo blog.
«E buonanotte al cuore, che al buio si gonfia come il mare e scoppierà
E buonanotte, buonanotte amore a chi ti sveglierà
E buonanotte amore che nel buio fra le lenzuola stai cercando me
E buonanotte, buonanotte amore, buonanotte a te».