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«Caro presidente...». Lettera dalla zona rossa

«Il vero grazie va a medici e operatori sanitari»

Caro presidente della repubblica,
la situazione sanitaria merita attenzione e analisi non secondari.

Quello che spaventa non è il tasso di mortalità, ma la capacità di infezione e di diffusione del contagio a tal punto da mandare in tilt i sistemi sanitari regionali di Veneto, Emilia Romagna e Lombardia. Proprio i luoghi da cui la "devolution" e il passaggio di più poteri alle regioni è stato a più riprese acclamato e voluto, in pieno stile federale.

Il problema riguarda tutte le regioni di Italia ove, tra tagli centrali da Roma e sforbiciate dei diversi governatori, il fu "miglior sistema sanitario al mondo" (e mi auguro ancora che lo sia) è stato depotenziato in ricerca, posti letto e personale. E ora? Servirebbero più posti, servirebbe più personale perché gli ospedali, almeno qui al nord (vivo a Cremona), sono al collasso.

Mi auguro e vi auguro che ciò non accada da noi. Un esempio: la struttura del "San Nicola Pellegrino" di Trani è stata depotenziata e dispone di un intero piano (fino a qualche anno fa sede di diversi reparti e posti letto) vuoto. Una sola parola: grazie politici e politicanti. Un grazie nell'accezione ironica del termine. Grazie da nord a sud. Grazie a ministri della Repubblica italiana e presidenti di regione, agli assessori alla sanità o welfare.

Il vero GRAZIE, quello maiuscolo, va a chi ogni giorno, da quel maledetto 20 febbraio, è in reparto dodici ore al giorno (quando va bene), va a chi guida un'ambulanza completamente coperto da tuta e mascherina: medici, infermieri, oss, volontari e operatori sanitari. A loro è dedicata questa lettera destinata al presidente della Repubblica.

Caro presidente della repubblica,
chi Le scrive è un cittadino italiano che, come la stragrande maggioranza della popolazione, segue con trepidazione e attenzione le vicende sanitarie legate alla diffusione del Coronavirus. Questa lettera non ha la volontà della polemica ma, al contrario, chiederle un premio.

Potrebbe sembrare banale o inopportuno ma, in questo momento di crisi, la nazione deve cercare di valorizzare le vere eccellenze. L'Italia ha sempre premiato chi ha partecipato alle battaglie, alle guerre, mantenendo alto il nome e l'orgoglio del popolo italiano: è giunto il momento di rendere gli onori più alti della patria a chi è in guerra in ospedale, mai così colmi e mai così pochi a causa dei tagli operati da chi ha giurato sulla Costituzione, quel documento di cui Lei è garante e custode.

Sarà un altro il momento di chiedere il conto a chi ha fatto ciò, pensando ai giochini di potere o a quale voce di bilancio tagliare per salvare quella del proprio tornaconto. Sarà un altro momento e il conto sarà salato.

Oggi, caro presidente Mattarella, cominci a pensare a un titolo onorifico specifico per tutti i medici, infermieri, oss ed operatori sanitari in trincea nei nostri ospedali, affinché si consegni alla storia e, come detto prima ai giusti onori, l'arduo compito di chi sta andando oltre ogni più logica forza fisica, ogni oltre obbligo deontologico, per garantire e attuare l'articolo 32 della Costituzione: "La repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti".

Grazie presidente, e auguriamoci di rivederla in tv mentre, con un toccante messaggio, annuncia la vittoria di questa guerra.

Con stima reverenziale, Pasquale Losapio
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