Il graffio del gattino
Questo è il mio paese
Le rime di Nicola Ambrosino
giovedì 9 novembre 2017
9.24
Nelle periferie romane ci sono i manganelli;
operai in sciopero davanti ai lor cancelli;
aggression brutali, a colpi di testate,
bruti sempre liberi per le lor bravate.
Grandi territori, già "Terra di nessuno";
dove mai si trova carabiniere alcuno;
terre di conquista di mafie e camorristi,
di ndrangheta e di droga, narrazioni tristi.
Questo è il mio Paese, dove un candidato,
da voti della mafia, viene ben votato...
e dopo qualche giorno, per grande corruzione,
lo portan trafelato, correndo, poi in prigione.
Questo è il mio Paese, italico bordello,
ricco di culture, ma privo di cervello;
dove per un piatto di pessima minestra,
si baratta il proprio voto dandolo alla destra.
Non è che la sinistra sia posta molto meglio;
si affidano le sorti a soggetto poco sveglio;
solo molto pieno di forte egocentrismo,
di grande supponenza e tanto qualunquismo.
Ma ciò che a me dispiace di questo mio Paese
è vedere genti che già si sono arrese;
non vanno più a votare, neanche per cambiare,
dicendo: "Dopotutto...ma chi me lo fa fare!".
operai in sciopero davanti ai lor cancelli;
aggression brutali, a colpi di testate,
bruti sempre liberi per le lor bravate.
Grandi territori, già "Terra di nessuno";
dove mai si trova carabiniere alcuno;
terre di conquista di mafie e camorristi,
di ndrangheta e di droga, narrazioni tristi.
Questo è il mio Paese, dove un candidato,
da voti della mafia, viene ben votato...
e dopo qualche giorno, per grande corruzione,
lo portan trafelato, correndo, poi in prigione.
Questo è il mio Paese, italico bordello,
ricco di culture, ma privo di cervello;
dove per un piatto di pessima minestra,
si baratta il proprio voto dandolo alla destra.
Non è che la sinistra sia posta molto meglio;
si affidano le sorti a soggetto poco sveglio;
solo molto pieno di forte egocentrismo,
di grande supponenza e tanto qualunquismo.
Ma ciò che a me dispiace di questo mio Paese
è vedere genti che già si sono arrese;
non vanno più a votare, neanche per cambiare,
dicendo: "Dopotutto...ma chi me lo fa fare!".