Il pizzicotto
Casa, amara casa. L'emergenza abitativa di cui tutti parlano ma che nessuno vuole risolvere
Anche l'assessore alla Regione Puglia Pisicchio incontra i sindaci. Per dirsi cosa?
sabato 2 settembre 2017
9.11
L'assessore regionale all'Urbanistica ed Assetto del Territorio Alfonso Pisicchio incontrerà il prossimo lunedì ad Andria tutti i sindaci della Bat per ascoltare le esigenze legate all'emergenza abitativa e alla pianificazione territoriale di ciascun territorio provinciale.
Partirà, nel suo tour regionale, dalla provincia più piccola, che è pure quella a più alta densità abitativa di tutto il territorio pugliese. Incontrerà i sindaci (per dire cosa a tante teste, con diversi problemi, tutte insieme?) ma anche i vertici dell'Arca, per analizzare lo stato dell'edilizia residenziale pubblica, i programmi e le misure finanziarie disponibili per migliorare il patrimonio immobiliare. Cose di cui, in effetti, poco si sa e su cui conviene, visto lo scoppio della bolla capitolina, informarsi, tanto più che l'emergenza è alle porte.
Per l'anno 2015 (con fondi di prossima erogazione) il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non ha stanziato alcuna risorsa da destinare al contributo fitto casa, cosicché i 15 milioni della Regione Puglia e i pochi fondi messi a disposizione dai comuni ad integrazione della cifra, dovranno bastare a supportare le famiglie a basso reddito di tutto il tacco dello Stivale. Sarà dura, non plateale come lo è in queste ore per la capitale, ma comunque il provvedimento avrà i suoi deleteri effetti già nell'immediato.
L'unica nota positiva è che il parapiglia romano, dopo aver fatto aprire gli occhi al sindaco Virginia Raggi, ha portato all'attenzione del ministero una ipotesi che da decenni resta in fondo ai cassetti dei burocrati: riattivare il mercato delle case, mettendo a disposizione gli appartamenti sfitti ed invenduti degli oltre 10000 in lista d'attesa per un appartamento in edilizia agevolata. L'operazione andrebbe fatta comune per comune.
«A Roma abbiamo oltre 200mila case tra sfitte e invendute, - dice la sindaca – e questo consentirebbe da un lato di abbattere le liste di attesa, dall'altro di riattivare un settore economico in grave crisi da parecchi anni».
La scoperta dell'acqua calda è compiuta.
A Bisceglie le case sfitte superano le 2400 unità, che continuano a crescere dal momento in cui l'espansione del territorio aumenta e ancora non si approva il PUG, unico strumento in grado di rimediare al furbo errore di sovradimensionamento della popolazione fatto nel 1974 e mai corretto, con buona pace dell'imprenditoria edile e di chiunque tragga vantaggi dal ripetersi delle lottizzazioni.
C'è da dire che la mappatura delle case vuote non è precisa, né tanto meno aggiornata. E nemmeno sono pubblici i dati relativi a sfratti e occupazioni abusive.
Qui, come più o meno in tutta Italia, non esiste nemmeno un censimento delle persone in effettiva condizione di fragilità cui destinare la misura opportuna. Gli unici dati plausibili sono quelli raccolti da chi ha chiesto un contributo per morosità incolpevole (ma qui vale l'autocertificazione e i controlli sono a campione) o partecipa al bando fitto casa (perché dimostra un ISEE compatibile). Gli altri dati sono frammentari, come le politiche per la casa in generale. Cambiano di anno in anno, perché si preferisce procedere a tentoni.
L'emergenza abitativa, invece, è strutturale, in tutta Italia, almeno dagli anni del dopoguerra. Eppure a nessuno è convenuto, ad oggi, ipotizzare un pacchetto di riforme tale da risolverla o per lo meno contenerla.
La materia viene accantonata, fino a che come a Roma non scoppia il bubbone e si arriva al paradosso di dover ipotizzare l'utilizzo di caserme piuttosto che di case vere, magari pure nuove, pronte ad essere abitate.
Veronica Nicotra, segretario generale di quell'ANCI che guarda caso è presieduto da un pugliese, il sindaco della città Metropolitana di Bari Antonio Decaro, lo ammette: il confronto con il governo va chiuso in una settimana e non siamo pronti. Senza dati sugli immobili privati occupati, su quelli acquisibili al patrimonio pubblico, senza un effettivo piano per il riuso dei beni confiscati alle mafie (nel 2014 in Puglia se ne contavano un migliaio o giù di lì). Senza insomma una seria politica dell'abitare e un obbligo a tutti i comuni d'Italia a riscrivere i piani regolatori più vecchi di dieci anni non si va da nessuna parte.
Partirà, nel suo tour regionale, dalla provincia più piccola, che è pure quella a più alta densità abitativa di tutto il territorio pugliese. Incontrerà i sindaci (per dire cosa a tante teste, con diversi problemi, tutte insieme?) ma anche i vertici dell'Arca, per analizzare lo stato dell'edilizia residenziale pubblica, i programmi e le misure finanziarie disponibili per migliorare il patrimonio immobiliare. Cose di cui, in effetti, poco si sa e su cui conviene, visto lo scoppio della bolla capitolina, informarsi, tanto più che l'emergenza è alle porte.
Per l'anno 2015 (con fondi di prossima erogazione) il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non ha stanziato alcuna risorsa da destinare al contributo fitto casa, cosicché i 15 milioni della Regione Puglia e i pochi fondi messi a disposizione dai comuni ad integrazione della cifra, dovranno bastare a supportare le famiglie a basso reddito di tutto il tacco dello Stivale. Sarà dura, non plateale come lo è in queste ore per la capitale, ma comunque il provvedimento avrà i suoi deleteri effetti già nell'immediato.
L'unica nota positiva è che il parapiglia romano, dopo aver fatto aprire gli occhi al sindaco Virginia Raggi, ha portato all'attenzione del ministero una ipotesi che da decenni resta in fondo ai cassetti dei burocrati: riattivare il mercato delle case, mettendo a disposizione gli appartamenti sfitti ed invenduti degli oltre 10000 in lista d'attesa per un appartamento in edilizia agevolata. L'operazione andrebbe fatta comune per comune.
«A Roma abbiamo oltre 200mila case tra sfitte e invendute, - dice la sindaca – e questo consentirebbe da un lato di abbattere le liste di attesa, dall'altro di riattivare un settore economico in grave crisi da parecchi anni».
La scoperta dell'acqua calda è compiuta.
A Bisceglie le case sfitte superano le 2400 unità, che continuano a crescere dal momento in cui l'espansione del territorio aumenta e ancora non si approva il PUG, unico strumento in grado di rimediare al furbo errore di sovradimensionamento della popolazione fatto nel 1974 e mai corretto, con buona pace dell'imprenditoria edile e di chiunque tragga vantaggi dal ripetersi delle lottizzazioni.
C'è da dire che la mappatura delle case vuote non è precisa, né tanto meno aggiornata. E nemmeno sono pubblici i dati relativi a sfratti e occupazioni abusive.
Qui, come più o meno in tutta Italia, non esiste nemmeno un censimento delle persone in effettiva condizione di fragilità cui destinare la misura opportuna. Gli unici dati plausibili sono quelli raccolti da chi ha chiesto un contributo per morosità incolpevole (ma qui vale l'autocertificazione e i controlli sono a campione) o partecipa al bando fitto casa (perché dimostra un ISEE compatibile). Gli altri dati sono frammentari, come le politiche per la casa in generale. Cambiano di anno in anno, perché si preferisce procedere a tentoni.
L'emergenza abitativa, invece, è strutturale, in tutta Italia, almeno dagli anni del dopoguerra. Eppure a nessuno è convenuto, ad oggi, ipotizzare un pacchetto di riforme tale da risolverla o per lo meno contenerla.
La materia viene accantonata, fino a che come a Roma non scoppia il bubbone e si arriva al paradosso di dover ipotizzare l'utilizzo di caserme piuttosto che di case vere, magari pure nuove, pronte ad essere abitate.
Veronica Nicotra, segretario generale di quell'ANCI che guarda caso è presieduto da un pugliese, il sindaco della città Metropolitana di Bari Antonio Decaro, lo ammette: il confronto con il governo va chiuso in una settimana e non siamo pronti. Senza dati sugli immobili privati occupati, su quelli acquisibili al patrimonio pubblico, senza un effettivo piano per il riuso dei beni confiscati alle mafie (nel 2014 in Puglia se ne contavano un migliaio o giù di lì). Senza insomma una seria politica dell'abitare e un obbligo a tutti i comuni d'Italia a riscrivere i piani regolatori più vecchi di dieci anni non si va da nessuna parte.