Il pizzicotto
Il costo dell'ignoranza? Lo paga chi tra cultura e sport alza ancora barriere
A margine delle polemiche tra Alfonso Russo e Alessandro Ricchiuti
sabato 13 maggio 2017
07.00
Alfonso Russo (che ha lasciato il suo commento in un videomessaggio che leggerete qui) non me ne voglia, né me ne vogliano i tifosi del Bisceglie Calcio.
Io che capisco di calcio quanto un ippopotamo di volo e che per questo mi sono sempre tenuta fuori da giudizi di sorta su qualsiasi cosa riguardasse tifoseria e sportivi, questa volta, proprio perché il tema non è lo sport, mi sento tenuta ad intervenire.
Ho seguito i festeggiamenti di domenica 7 maggio con l'orgoglio di una biscegliese verace, che apprezza ogni successo della sua città e ancor più apprezza chi questi successi sa premiarli con le lacrime, l'emozione, la partecipazione. Anche stremando le corde vocali a furia di inni e cori.
Era così bello questo inno alla vita di una città che si ritrovava unita attorno ad un simbolo forte, ad un successo di tutti e per tutti, che me la sono goduta a prescindere dalla mia ignoranza in materia. In quel nerazzurro a strisce c'è un pezzo della nostra identità ed è bello che tutti ci si senta chiamati a difenderla ed onorarla, come fosse un tributo alla comunità.
Allo stadio non c'ero, come tante centinaia di amici improvvisatisi tifosi a tempo determinato. Ma con il pensiero ed il cuore ho tifato per il nero e l'azzurro, che sono i colori del mare di notte, quando si perde l'orizzonte.
Non è sbagliato, però, quello che ha detto Alessandro Ricchiuti con la sua provocazione venerdì 12 maggio, durante un dibattito pubblico dedicato ai "Costi dell'ignoranza". Non è "demagogia da bocconiano" porsi la domanda: «Perché una città intera si è mossa per dare tributo al Bisceglie Calcio dopo la promozione e nessuno lo fa quando accade qualcosa d'importante a livello culturale? E perché tutti gli amministratori hanno pregato gli imprenditori locali di sostenere la squadra e non hanno mai mostrato tanta passione per promuovere quelle realtà che alimentano il sapere collettivo in modo più interessante?»
La considerazione, per quanto irritante per quegli imprenditori (come Alfonso Russo) che si spellano le mani e si tolgono anche il pane di bocca per far vivere lo sport locale, è opportuna. E lo è tanto di più quando si pensa che gli eventi a carattere culturale o si autofinanziano o ricevono contributi che raramente (e solo in estate) superano le quattro cifre. Anche i contenitori destinati alla cultura nascono solo e solo se si intercettano fondi europei. E così la biblioteca comunale, per mesi chiusa il pomeriggio e priva di wi-fi, oltre che troppo piccola alle esigenze della comunità.
Si potrebbe andare avanti all'infinito, a parlare di squilibri tra cultura ed altre categorie "voluttuarie" della vita del cittadino.
Alla cultura, ha ragione Ricchiuti, manca una cosa fondamentale, che lo sport è riuscito a guadagnarsi: la passione di chi dovrebbe promuoverla e ostentarla.
Per il resto, caro Alfonso, secondo me hai ragione tu: lo sport è una occasione per far girare l'economia e fare turismo. Purché, dopo lo stadio, gli ospiti siano invogliati a dismettere i panni dei tifosi e ad indossare quelli dei turisti. E per permettere che questo accada e generi un business interessante ci vuole un impegno culturale non da poco.
Siamo in grado di farcela, ne sono convinta. Ma, da domani, chi comincia?
Io che capisco di calcio quanto un ippopotamo di volo e che per questo mi sono sempre tenuta fuori da giudizi di sorta su qualsiasi cosa riguardasse tifoseria e sportivi, questa volta, proprio perché il tema non è lo sport, mi sento tenuta ad intervenire.
Ho seguito i festeggiamenti di domenica 7 maggio con l'orgoglio di una biscegliese verace, che apprezza ogni successo della sua città e ancor più apprezza chi questi successi sa premiarli con le lacrime, l'emozione, la partecipazione. Anche stremando le corde vocali a furia di inni e cori.
Era così bello questo inno alla vita di una città che si ritrovava unita attorno ad un simbolo forte, ad un successo di tutti e per tutti, che me la sono goduta a prescindere dalla mia ignoranza in materia. In quel nerazzurro a strisce c'è un pezzo della nostra identità ed è bello che tutti ci si senta chiamati a difenderla ed onorarla, come fosse un tributo alla comunità.
Allo stadio non c'ero, come tante centinaia di amici improvvisatisi tifosi a tempo determinato. Ma con il pensiero ed il cuore ho tifato per il nero e l'azzurro, che sono i colori del mare di notte, quando si perde l'orizzonte.
Non è sbagliato, però, quello che ha detto Alessandro Ricchiuti con la sua provocazione venerdì 12 maggio, durante un dibattito pubblico dedicato ai "Costi dell'ignoranza". Non è "demagogia da bocconiano" porsi la domanda: «Perché una città intera si è mossa per dare tributo al Bisceglie Calcio dopo la promozione e nessuno lo fa quando accade qualcosa d'importante a livello culturale? E perché tutti gli amministratori hanno pregato gli imprenditori locali di sostenere la squadra e non hanno mai mostrato tanta passione per promuovere quelle realtà che alimentano il sapere collettivo in modo più interessante?»
La considerazione, per quanto irritante per quegli imprenditori (come Alfonso Russo) che si spellano le mani e si tolgono anche il pane di bocca per far vivere lo sport locale, è opportuna. E lo è tanto di più quando si pensa che gli eventi a carattere culturale o si autofinanziano o ricevono contributi che raramente (e solo in estate) superano le quattro cifre. Anche i contenitori destinati alla cultura nascono solo e solo se si intercettano fondi europei. E così la biblioteca comunale, per mesi chiusa il pomeriggio e priva di wi-fi, oltre che troppo piccola alle esigenze della comunità.
Si potrebbe andare avanti all'infinito, a parlare di squilibri tra cultura ed altre categorie "voluttuarie" della vita del cittadino.
Alla cultura, ha ragione Ricchiuti, manca una cosa fondamentale, che lo sport è riuscito a guadagnarsi: la passione di chi dovrebbe promuoverla e ostentarla.
Per il resto, caro Alfonso, secondo me hai ragione tu: lo sport è una occasione per far girare l'economia e fare turismo. Purché, dopo lo stadio, gli ospiti siano invogliati a dismettere i panni dei tifosi e ad indossare quelli dei turisti. E per permettere che questo accada e generi un business interessante ci vuole un impegno culturale non da poco.
Siamo in grado di farcela, ne sono convinta. Ma, da domani, chi comincia?