Il pizzicotto
Saluti da Bisceglie, città non turistica
Il comune non si candida nemmeno a prendere parte all'elenco regionale dei comuni a valenza turistica
sabato 16 dicembre 2017
Sarà che l'attuazione del Piano delle Coste, che prevede lidi dorati dotati di ascensore e spruzzino automatico sotto l'ombrellone, non ha ancora dato i suoi frutti.
E quindi, nell'improbabile caso i privati riescano entro l'estate 2018 a realizzare le tanto attese spiagge libere con servizi a cinque stelle, sarà che dobbiamo aspettare davvero pochissimo.
Sta di fatto che neanche quest'anno Bisceglie fa parte dell' Elenco regionale di comuni ad economia prevalentemente turistica e città d'arte della Puglia.
Il che significa non solo che non è una città turistica, ma che non avrà la possibilità di istituire un'imposta di soggiorno a carico di chi alloggia nelle strutture ricettive.
La determina regionale del 13 dicembre 2017 n.147 del Dipartimento Turismo, Economia della cultura e Valorizzazione del Territorio ha rinnovato - assottigliandolo parecchio - l'elenco dei comuni pugliesi che possono fregiarsi del titolo di città turistica o città d'arte.
Prima erano 54, ora sono 40. Spariscono Molfetta, Monopoli, Brindisi, Ostuni e persino Trani. Della Bat ne fanno parte ormai solo Barletta e Margherita di Savoia.
Bisceglie in questo elenco non c'era e non c'è pur possedendo un sito patrimonio dell'umanità UNESCO, requisito indispensabile per poter ambire a far parte dell'inventario.
Capiamo il perché. Oltre alla capacità ricettiva, che da noi non manca anzi cresce di anno in anno, per diventare città turistica la Regione valuta solo due parametri secchi: arrivi e presenze. Ai comuni chiede il rispetto di almeno due di questi requisiti:
arrivi su popolazione residente: 0,3;
presenze su popolazione residente: 2,0;
arrivi su superficie territoriale (kmq): 50; 4;
presenze su superficie territoriale (kmq): 300;
presenze più popolazione residente su superficie territoriale (kmq): 450
Bisceglie, evidentemente, non gliela fa. E poiché i dati li forniscono direttamente le strutture ricettive, obbligatoriamente, c'è da crederci. «Il turismo in questi anni è diventato il terzo pilastro dell'ossatura del prodotto interno lordo della città» diceva una nota ufficiale dell'amministrazione comunale capeggiata dal sindaco Francesco Spina nel 2015, cui faceva seguito, due anni dopo, una seconda nota ufficiale in cui si annunciava che: «Nel 2017 il turismo è aumentato del 10%».
Un vero e proprio "boom", commentavano gli assessori tutti. Ma questo exploit evidentemente non è sufficiente a fare di Bisceglie una città turistica in senso letterale.
A dire il vero, a far parte dell'elenco - che ogni tre anni si rinnova - Bisceglie manco ci ha provato. La richiesta, che quest'anno hanno inviato Muro Leccese, Monte Sant'Angelo, Polignano a Mare e Tuglie, non è mai stata inoltrata dagli uffici competenti.
Il perché è tutto da accertare. Il fatto certo è che da qui al 2020 nessuno se ne potrà lamentare.
E quindi, nell'improbabile caso i privati riescano entro l'estate 2018 a realizzare le tanto attese spiagge libere con servizi a cinque stelle, sarà che dobbiamo aspettare davvero pochissimo.
Sta di fatto che neanche quest'anno Bisceglie fa parte dell' Elenco regionale di comuni ad economia prevalentemente turistica e città d'arte della Puglia.
Il che significa non solo che non è una città turistica, ma che non avrà la possibilità di istituire un'imposta di soggiorno a carico di chi alloggia nelle strutture ricettive.
La determina regionale del 13 dicembre 2017 n.147 del Dipartimento Turismo, Economia della cultura e Valorizzazione del Territorio ha rinnovato - assottigliandolo parecchio - l'elenco dei comuni pugliesi che possono fregiarsi del titolo di città turistica o città d'arte.
Prima erano 54, ora sono 40. Spariscono Molfetta, Monopoli, Brindisi, Ostuni e persino Trani. Della Bat ne fanno parte ormai solo Barletta e Margherita di Savoia.
Bisceglie in questo elenco non c'era e non c'è pur possedendo un sito patrimonio dell'umanità UNESCO, requisito indispensabile per poter ambire a far parte dell'inventario.
Capiamo il perché. Oltre alla capacità ricettiva, che da noi non manca anzi cresce di anno in anno, per diventare città turistica la Regione valuta solo due parametri secchi: arrivi e presenze. Ai comuni chiede il rispetto di almeno due di questi requisiti:
arrivi su popolazione residente: 0,3;
presenze su popolazione residente: 2,0;
arrivi su superficie territoriale (kmq): 50; 4;
presenze su superficie territoriale (kmq): 300;
presenze più popolazione residente su superficie territoriale (kmq): 450
Bisceglie, evidentemente, non gliela fa. E poiché i dati li forniscono direttamente le strutture ricettive, obbligatoriamente, c'è da crederci. «Il turismo in questi anni è diventato il terzo pilastro dell'ossatura del prodotto interno lordo della città» diceva una nota ufficiale dell'amministrazione comunale capeggiata dal sindaco Francesco Spina nel 2015, cui faceva seguito, due anni dopo, una seconda nota ufficiale in cui si annunciava che: «Nel 2017 il turismo è aumentato del 10%».
Un vero e proprio "boom", commentavano gli assessori tutti. Ma questo exploit evidentemente non è sufficiente a fare di Bisceglie una città turistica in senso letterale.
A dire il vero, a far parte dell'elenco - che ogni tre anni si rinnova - Bisceglie manco ci ha provato. La richiesta, che quest'anno hanno inviato Muro Leccese, Monte Sant'Angelo, Polignano a Mare e Tuglie, non è mai stata inoltrata dagli uffici competenti.
Il perché è tutto da accertare. Il fatto certo è che da qui al 2020 nessuno se ne potrà lamentare.