Il pizzicotto
Quei consigli comunali impraticabili e inascoltabili
Il blog di Serena Ferrara
martedì 19 settembre 2017
Fatemela dire per come ce l'ho in gola da quando – e ci rimasi malissimo – l'aula consiliare di palazzo San Domenico fu chiusa per "pericolo di assestamento sismico".
Era l'aprile del 2012 e il primo piano dell'immobile cinquecentesco fu sgomberato. Restavano in attesa di trasferimento (si parlava di Palazzo Tupputi) gli uffici del sindaco e della sua segreteria. Il trasloco non è mai avvenuto.
L'antico convento domenicano, sopravvissuto al ruolo di carcere e scuola, sembrava non reggere più allo stress di tanti uffici pubblici. Iniziava a scricchiolare sotto il peso di migliaia di faldoni, insofferente a continui andirivieni di dipendenti e cittadini, a riunioni di giunta improvvise ed estenuanti consigli comunali.
Si decise così che il palazzo sarebbe stato sottoposto a lavori di adeguamento sismico, in forza di un contributo regionale di circa due milioni di euro sapientemente intercettato dalle sensibili antenne dei tecnici comunali. I ponteggi alzati dalla ditta Gecos di Andria, vincitrice della gara d'appalto bandita dal comune, sono attualmente ancora in piedi in vista del completamento del restyling.
Nel frattempo, da quattro anni, i consigli comunali si svolgono nell'ex monastero di Santa Croce. In una ex – chiesa del 1696, fredda d'inverno, calda d'estate, umida sempre, più traballante dell'aula consiliare impraticabile di via Trento, ma soprattutto mai sottoposta ad alcun doveroso intervento di correzione acustica, venticinque persone si sono ufficialmente confrontate – non sempre con toni pacati – in media una volta al mese, per cinque anni.
Come tutte le chiese, anche quella di Santa Croce fu pensata per far unire al Signore attraverso l'imponenza architettonica e i riverberi del suono, trucchi essenziali da millenni adottati dagli ingegneri del sacro. Ad amplificare il senso di maestosità del luogo, di fronte al quale l'uomo non avrebbe potuto che inchinarsi, la presenza di un prezioso organo musicale su cui dal 1994 si sono concentrati interrogazioni parlamentari, segnalazioni al Ministero dei Beni Culturali, progetti e persino finanziamenti già autorizzati (nel 2006), senza che i lavori (causa elezioni comunali e cambio di schieramento al potere) avessero mai inizio.
In quella chiesa, destinata all'incuria, uno straccio di pannello fonoassorbente, nemmeno mobile, si è mai visto. In compenso a limitare i rumori della tecnologia (cellulari che squillano, notifiche su tablet e pc) c'è una impareggiabile, perfetta, assenza di rete. Del resto, progettata per connettere l'umano al divino, del wireless quella chiesa non avrebbe saputo che farsene.
Nella pratica, per pubblico e stampa, è sempre stato un gran casino, un continuo sbattere e tornare sulle pareti e sugli soffitti curvati di onde sonore poco definite. Le continue riflessioni di parole cacofonicamente sovrapposte, in un luogo di pubblico dibattito, hanno portato (ed ha volte è stato un bene per chi ha pronunciato le castronerie più singolari) a fraintendere il senso dei lunghi periodare concitati di uno o più consiglieri imbonitori.
In tutti questi anni abbiamo stoicamente resistito e arrangiato, sebbene la perseveranza di continua ad indire anche convegni a Santa Croce sia francamente irritante.
Ora, che ci si prepara a stilare i programmi elettorali, sollevo ufficialmente la mozione di sfiducia per Santa Croce.
Che si pensi all'organo prima, all'adeguamento strutturale poi. Oppure si rinunci. Considerarla tout court un contenitore culturale polifunzionale (mi venga in supporto qualche architetto, per avvalorare la tesi) è un'offesa a quei tecnici capaci che in teoria (o meglio a parole) l'hanno rifunzionalizzata.
Era l'aprile del 2012 e il primo piano dell'immobile cinquecentesco fu sgomberato. Restavano in attesa di trasferimento (si parlava di Palazzo Tupputi) gli uffici del sindaco e della sua segreteria. Il trasloco non è mai avvenuto.
L'antico convento domenicano, sopravvissuto al ruolo di carcere e scuola, sembrava non reggere più allo stress di tanti uffici pubblici. Iniziava a scricchiolare sotto il peso di migliaia di faldoni, insofferente a continui andirivieni di dipendenti e cittadini, a riunioni di giunta improvvise ed estenuanti consigli comunali.
Si decise così che il palazzo sarebbe stato sottoposto a lavori di adeguamento sismico, in forza di un contributo regionale di circa due milioni di euro sapientemente intercettato dalle sensibili antenne dei tecnici comunali. I ponteggi alzati dalla ditta Gecos di Andria, vincitrice della gara d'appalto bandita dal comune, sono attualmente ancora in piedi in vista del completamento del restyling.
Nel frattempo, da quattro anni, i consigli comunali si svolgono nell'ex monastero di Santa Croce. In una ex – chiesa del 1696, fredda d'inverno, calda d'estate, umida sempre, più traballante dell'aula consiliare impraticabile di via Trento, ma soprattutto mai sottoposta ad alcun doveroso intervento di correzione acustica, venticinque persone si sono ufficialmente confrontate – non sempre con toni pacati – in media una volta al mese, per cinque anni.
Come tutte le chiese, anche quella di Santa Croce fu pensata per far unire al Signore attraverso l'imponenza architettonica e i riverberi del suono, trucchi essenziali da millenni adottati dagli ingegneri del sacro. Ad amplificare il senso di maestosità del luogo, di fronte al quale l'uomo non avrebbe potuto che inchinarsi, la presenza di un prezioso organo musicale su cui dal 1994 si sono concentrati interrogazioni parlamentari, segnalazioni al Ministero dei Beni Culturali, progetti e persino finanziamenti già autorizzati (nel 2006), senza che i lavori (causa elezioni comunali e cambio di schieramento al potere) avessero mai inizio.
In quella chiesa, destinata all'incuria, uno straccio di pannello fonoassorbente, nemmeno mobile, si è mai visto. In compenso a limitare i rumori della tecnologia (cellulari che squillano, notifiche su tablet e pc) c'è una impareggiabile, perfetta, assenza di rete. Del resto, progettata per connettere l'umano al divino, del wireless quella chiesa non avrebbe saputo che farsene.
Nella pratica, per pubblico e stampa, è sempre stato un gran casino, un continuo sbattere e tornare sulle pareti e sugli soffitti curvati di onde sonore poco definite. Le continue riflessioni di parole cacofonicamente sovrapposte, in un luogo di pubblico dibattito, hanno portato (ed ha volte è stato un bene per chi ha pronunciato le castronerie più singolari) a fraintendere il senso dei lunghi periodare concitati di uno o più consiglieri imbonitori.
In tutti questi anni abbiamo stoicamente resistito e arrangiato, sebbene la perseveranza di continua ad indire anche convegni a Santa Croce sia francamente irritante.
Ora, che ci si prepara a stilare i programmi elettorali, sollevo ufficialmente la mozione di sfiducia per Santa Croce.
Che si pensi all'organo prima, all'adeguamento strutturale poi. Oppure si rinunci. Considerarla tout court un contenitore culturale polifunzionale (mi venga in supporto qualche architetto, per avvalorare la tesi) è un'offesa a quei tecnici capaci che in teoria (o meglio a parole) l'hanno rifunzionalizzata.