Piccoli cowboys
Rubrica a cura di Liliana Salerno
Questa storia di cronaca accadde nel tempo dell'infanzia, quando ancora non è distinto nettamente cosa sia il gioco e cosa la realtà.Una storia intrigante e sconvolgente con protagonisti tre bambini, che si divertivano a giocare ai cowboys. Nel racconto Liliana Salerno ha voluto menzionare e omaggiare il grande maestro Ennio Morricone.
La favola di cronaca "Piccoli cowboys" è consigliata a un pubblico maggiore di 12 anni.
a cura di Luca Ferrante
Era il tempo dei cowboys, e, il magico schermo televisivo trasmetteva, in bianco e nero, le immagini di grandi uomini: Jonh Wayne, Clint Eastwood.
Esistevano i "nostri"; uomini buoni, "ispirati dal sole", come avrebbe cantato poi De Gregori in una canzone di successo.
Tutti noi bambini, nelle sere d'inverno, guardavamo la TV con occhioni incantati, e non vedevamo l'ora in cui il buono, Ringo, o chi per lui, con la velocità di un fulmine ed il sole alle spalle, a gambe larghe di fronte al cattivo, estraeva repentinamente la pistola e la puntava contro l'avversario, per fargli volare via il cappello.
Le musiche di Ennio Morricone accompagnavano le nostre emozioni, quando, col fiato sospeso, contavamo i colpi delle "Colt", ed attendevamo che fosse fatta giustizia.
Questo ordine di cose ripristinato ci faceva dormire tranquilli, perché c'è sempre un buono, pronto a difendere le persone dallo sguardo malevolo dei cattivi, che poi, in fondo, non vincono mai!
Ed il mio fratellino era un buono, ma proprio sicuro di esserlo, e sapeva sempre, nella vita, cosa si dovesse fare.
Per giocare ai cowboys aveva scelto, e si era fatto regalare, le pistole con i colpi "veri", non in plastica, ma in ferro, due, belle, pesanti, e, col cinturone borchiato e la stella da sceriffo, cavalcava le sedie della cucina, sotto gli occhi sorridenti di mia nonna.
Spesso veniva a trovarlo il figlio della vicina di casa, Piero, più piccolo di lui di circa un anno: un bambino sveglio, agile, simpatico, con cui trascorreva pomeriggi interi.
Quel giorno tutto sembrava accadere come sempre, ma, se qualcosa di diverso turbò l'esito dei giochi dei bimbi, la colpa fu solo di Piero, e non del mio fratellino, che, invece, era innocente.
Perché lo sanno tutti com'è che si gioca ai cowboys… lo sanno anche gli ignoranti!
Uno deve fare il buono, e mio fratello aveva la stella da sceriffo ed aveva prestato una pistola!, l'altro deve fare il cattivo: deve fingersi colpito e cadere a terra morto, in maniera efficace.
Così, Gianni e Piero, avevano concordato le parti, per cui, sul terrazzino, si affrontarono entrambi a gambe larghe, e Gianni aveva il sole alle spalle.
Ma, quando estrasse la "Colt" e sparò all'avversario, questi, invece di lasciarsi cadere, rimase in piedi, rifiutandosi di morire.
Certo, se il mio fratellino fosse stato più grande, questo desiderio di vita, non lo avrebbe meravigliato, ma era un bimbo, e voleva il suo gioco.
«Muori!» gli intimò premendo ancora il dito sul grilletto, ma Piero scosse la testa e sparò a sua volta.
«Muori!» gridò ancora Gianni, avvicinandosi al compagno, che, per tutta risposta, sparò ancora, per cui il gioco sfociò in diverbio, e, poiché Piero non stava alle regole e a quanto avevano concordato, il mio fratellino fece quello che andava fatto!
Dopo avergli intimato di "morire" per l'ennesima volta, girò la pistola, impugnandola dalla canna, e fece quello che fanno i cowboys, fece come fanno i buoni quando hanno ragione: colpì l'avversario col calcio della pistola, esattamente sulla fronte.
Finalmente Piero cadde a terra in maniera efficace, ma forse troppo credibile, perché cadde in un lago di sangue.
Accorsero le madri, in preda allo spavento, ma, quel che è peggio è che accorsero anche i padri, e Piero fu trasportato d'urgenza al pronto soccorso, dove la ferita fu richiusa con ben quattro punti di sutura!
Il mio fratellino, invece, fu "giustiziato" severamente dal babbo, che non sentiva ragioni, ma pensò bene, e tardivamente, di sequestrargli le armi, e non si rendeva conto di aver punito un innocente.
In fondo, il mio fratellino aveva seguito l'esempio dei buoni e non credo che la severa punizione gli abbia mai chiarito le idee.
Ora i bambini sono cresciuti: a volte si incontrano, parlano, si sorridono, ma l'esito di quel gioco non lo rinvangano più.
Forse adesso sanno che anche i buoni, a volte, sbagliano, e che è meglio seguire il proprio buon senso, piuttosto che l'esempio di un modello letterario, anche se bello, anche se accompagnato dalla suggestione delle sonorità di Ennio Morricone…
Nuovo appuntamento con "Le parole di Sherazade" di Liliana Salerno martedì 15 dicembre