"Voci", la telefonata
Testo drammaturgico in due atti di Liliana Salerno
I personaggi e i fatti narrati in questo dramma sono, per dichiarazione dell'Autrice stessa, frutto di pura invenzione e fantasia. Per cui se qualcuno si riconoscerà in essi, sia nelle fattezze del tale personaggio che nella fisicità della narrazione, consideri la cosa del tutto accidentale e casuale.Continua su BisceglieViva il racconto del testo drammaturgico "Voci", diviso in due atti e scritto da Liliana Salerno.
La storia riprende dopo un'interruzione della narrazione (click per rileggere la terza scena), che ha spostato l'attenzione a momenti di alta letteratura fra la figura dell'Autrice, rappresentata da un'insegnante, e i suoi studenti. Protagonisti della prossima scena sono questa volta Paolo, l'amico Giovanni e Deborah, in una telefonata che evidenzierà come il rapporto fra il marito di Teresa e la sua amante vada meravigliosamente avanti.
a cura di Luca Ferrante
La lettura del testo è sconsigliata a un pubblico minore di 14 anni.
Buona lettura.
Quarta scena: la telefonata
Paolo entra in scena dalla quinta a sinistra, portando con sé una cartella da lavoro, mentre squilla il suo cellulare. Dall'altra quinta, cioè, quella di destra, lentamente appare Giovanni, intento nell'atto di parlare al cellulare, ma non entrerà immediatamente in scena. La sua presenza si deve solo intravedere. Dietro di lui, ma al momento opportuno, apparirà Deborah, alta, prestante, con una grande chioma rosso leonina, vestita in maniera eccentrica, truccatissima, in modo da far risaltare la bellezza del colore dei capelli. Entrerà in scena e si presenterà al pubblico, ancheggiando un burlesche, ad imitazione della Jessyca Rabbit dei fumetti. Avrà anche lei in mano un opportuno cellulare, per cui le telefonate si incroceranno verbalmente.La scena prevede il lavoro dei tre attori: Paolo, Giovanni e Deborah…
Giovanni, diretto: «Pronto, Paolo, Fratellino!… Hai visto che partita, ieri sera? Noi siamo scesi in strada con bandiere e striscioni, abbiamo scorazzato per tutta la città, sparando fuochi d'artificio… Quattro a zero, contro il Real Madrid!… Siamo forti, siamo grandi! (intona) Forza Juve! Forza Juve!… ma tu dov'eri, che il cellulare non prendeva? Hai rotto il cazzo con il tuo silenzio! Sono venuto anche a cercarti a bottega, ma era tutto chiuso. Che fine hai fatto?»
Paolo, altrettanto diretto: «Stavo s... e avevo staccato il telefono per non rispondere a quella rompipalle di Teresa. Quindi 4 a zero? Ovviamente, Teresa sa che sono venuto da Te a vedere la partita! Così mi molla quella stronza, lei è una cozza attaccata allo scoglio, e la roccia sono io, ha una tale paura di perdermi, che non mi lascia respirare, poi qualche stronzetta delle sue amiche, si è presa la briga, di farmi il filmino, quando ieri pomeriggio ho portato Deborah al Poquitomàs! Ma si può essere più stronze?, ma una forchettata di fatti loro, queste megere, ancora femministe dal tempo passato, se la fanno? Hanno in mano 'sti cavoli di cellulari, con i quali ti mettono tranquillamente nei pasticci».
Giovanni risponde: «Paolo, stai più attento! Ma che cosa vai facendo? Il Poquitomàs, è centralissimo!… Come pensi di passare inosservato, se siedi al tavolino con una donna che non è tua moglie? Ma che cosa vai facendo? Per questa (calca col disprezzo nella voce) Parrucchiera, (ripete sillabando) Par-ruc-chie-ra, ti stai svenando e coprendo di ridicolo! E stai svilendo Teresa che fa la parte di Ciccio Formaggio, solo perché ti vuole bene e non ti molla! Stai tradendo una, con il portafoglio a fisarmonica, che ti ha pagato una Porche?»
Paolo risponde repentino: «Fratello, chiudi il becco! Sai tu solo che la Porche l'ha pagata lei. Sanno tutti che me la sono comprata io, come macchina di rappresentanza per la famiglia.
Giovanni, concordante: «Si, si, Paolo, ma di che ti preoccupi? È una vita che sappiamo tutto l'uno dell'altro, e non è mai sfuggito niente dalla mia bocca, che tu non avessi permesso di rivelare. Dormi sereno fratello! Mi dispiace che ti sia perso un partitone della Juve, contro una squadra fortissima come il Real Madrid!… Ma se stavi s..., la cosa è diversa! Fammi capire una cosa, (ritorna convinto alla carica) se è proprio brava come la Monica che mi hai fatto conoscere tu, perché questa non me la passi? Le femmine ce le siamo sempre scambiate, arriva una parrucchiera e d'improvviso ti metti a fare il difficile!»
Paolo per un po' lo lascia dire. Camminando riempie e gestisce lo spazio scenico, gesticolando.
Siamo ancora in camera da letto, il letto, opportunamente rifatto per tempo, è impeccabile. Paolo è in abiti da lavoro, cioè una tuta da falegname, scarpe da ginnastica e pantaloni macchiati di vernice. Cammina su e giù per lo spazio scenico, cerca qualcosa in un cassetto, sempre parlando con Giovanni.
Paolo, ridendo: «Wagliò! Ma tu lo vuoi capire che la mia (sottolinea) Parrucchiera, non è una fraschetta da quattro soldi? È una strafiga della Madonna, con una chioma color tiziano, che ti lascia senza fiato, e il viso, sereno, placido, tranquillo, e due laghi turchesi al posto degli occhi! Deborah è una bambola, come la Sonnambula di Nino Manfredi alla televisione… Non è una di quelle che se te le porti insieme non può aprire bocca, (ironico, non credendo una parola di quello che sta per dire) è una Parrucchiera intelligente, colta e onesta… non capisci che la amo?»
Giovanni, ridendo: «Ti devi essere rincoglionito, Paolo (ironico), ma la prossima, sarà bidella, vero? E non mi dire che è una bidella colta! In ogni modo, (tenero), buon compleanno!»
Dalle sue spalle, ancheggiando in burlesche, entra in scena Deborah, in un trasparente baby doll (che naturalmente la veste, senza diventare volgare, ma rendendola estremamente sensuale). La musica in sottofondo è quella classica dei compleanni. Deborah, rifacendo il verso a Marilyn Monroe, attiva la telefonata esclamando come fanno i ragazzi in strada: «Amò! Pronto?… (in un soffio, con tutta la sensualità di cui è capace) Happy Birthday to you, (pausa, sospiro, burlesque) Happy Birthday to you».
Deborah e Paolo si incrociano sul palco, senza sfiorarsi, quando saranno da viso a viso, lo porteranno dalla parte opposta, ignorandosi. Paolo risponde al Telefono, Giovanni si eclissa dietro la tenda, chiudendo bruscamente la comunicazione con Paolo.
Paolo, sorpreso: «Amò?… bambina, si, sei la gioia dei miei occhi? Certo che sono felice di sentirti!»
Da questo momento in poi Paolo si trasforma, è un'altra persona. Deborah, continua come sopra, ma sempre più sicura, forte della risposta affermativa dell'Amante.
Deborah, sensuale: «Happy Birthday, Amore, (rallenta con la voce) Happy Birthday… to… you?»
I due attori sono in scena di spalle l'uno con l'altro, solo Deborah rivolge al pubblico la sua recitazione. Paolo di spalle, estrae dal cassetto dei pesi per fare ginnastica in casa, ritorna, di spalle a Deborah e al pubblico, ed inizia, con metodo, pur rispondendo al telefonino, a fare esercizi ginnici, utilizzando un peso; l'altro verrà poggiato casualmente sul letto ,che funge da raccoglitore di oggetti.
Deborah insiste: «Buon compleanno Amore mio, Miao!»
Paolo, per niente meravigliato, come se accettasse un tributo dovuto: «Grazie Amore, miao!»
Deborah ritorna sistematicamente a danzare verso il pubblico, sporgendosi sempre più in avanti e, mordicchiandosi le labbra, prosegue: «Come stai, Amore mio, miaaoo!? Ti ricordi che esisto, vero? Sono sempre io, la tua (esita un attimo con la voce, come se cercasse le parole giuste, in realtà sa benissimo cosa dire e fare. La sua danza sensuale, adesso è solo in vantaggio degli spettatori, perché si sente ed in realtà è, una donna in vetrina) gattona randagia, miaaoo!»
Recita la poesia, Riflessioni della Bidella Casalinga (Poesia inedita di Liliana Salerno):
Deborah: "Nessuno al mondo, (sospira pesantemente rallentando i tempi della lettura) ti giuro, Nessuno mai, può amarmi quanto Te, Longevo Assente; hai devastato le Mie Lenzuola solitarie, una volta ancora, ma cedi il posto al desco, Mio profano, ad Uomini meno assenti. È una Truffa, e lo sai! Quando sarà concesso a Me, (nel dire questo interrompe la danza sensuale, si irrigidisce all'improvviso in una posa spartana e declama, scandendo bene i versi) Servirti, quando sarai sereno, e tacito, compreso nel tuo ruolo? Forse, (ancheggia) se sottraessi l'oliva al mio Martini dry??!!"».
Paolo, tenero e cinico ad un Tempo: «Bella, Amore mio, veramente bella. (e aggiunge lievemente incuriosito) Quando l'hai scritta?»
Deborah, sincera: «Qualche annetto fa»
Paolo, con leggera arroganza: «È riciclabile?»
Deborah, sempre con un sospiro: «È una Poesia (imperterrita riprende a declamare) "La mia penna sorseggia un Martini, senza ghiaccio, né olive, nè toast"»
Paolo interviene inopportuno, evidentemente seccato dalla troppo austera declamazione: «Brava! Bene! È finita?»
Deborah, ovviamente mente: «Si, è finita, grazie! Miao. (e aggiunge sempre sospirando, come un Pierrot, fino a risultare Romantica ed anche un po' Decadente) Micione, ma mi vuoi un po' di bene? (patetica) C'è una cosa importante, che ti devo chiedere… sei stato bene con me, l'ultima volta che l'abbiamo fatto?»
Paolo, finalmente sincero ma strettamente laconico: «Si».
Deborah incalza: «Quand'è che ci possiamo incontrare? Ormai la mia casetta è quasi pronta!… Ieri è arrivato il piastrellista, ormai devono sistemare solo il bagno, poi è tutto pronto».
Paolo, sinceramente incuriosito: «Di che colore sono le piastrelle?»
Deborah, entusiasta: «Ho scelto un bianco panna. Quando vieni a vederle?»
Paolo, cinicamente si tira la calza: «Richiamami Giovedì, Bambina (si sofferma un attimo) piccola, non fare la Stronza, chiamami!»
Deborah, rassegnata e consolatoria: «Va bene! (sussurra in un attimo) Va bene!»
Paolo, sinceramente in pena, sussurra: «Chiamami!… chiudi!»
Deborah chiude la cornetta e declama a gran voce, con espressione): «"Silvia, rimembri ancora Quel tempo della tua vita mortale, Quando beltà splendea Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, E tu, lieta e pensosa, il limitare Di gioventù salivi?"»
Dal buio emerge la ragazza, viene investita da un raggio di luce, e legge da un libro tascabile.
Ragazza, in un sussurro, come se scoprisse qualcosa di incantevole: «"Silvia, rimembri ancora Quel tempo della tua vita mortale Quando beltà splendea Negli occhi tuoi, ridenti e fuggitivi, E tu, lieta e pensosa il limitare Di gioventù salivi? Sonavan le quiete Stanze, e le vie d'intorno, Al tuo perpetuo canto…"»
Dalla quinta di destra compare l'autrice che declama (con grandissima enfasi ma senza per questo gridare, con perfetta intonazione, declama, rivolgendosi al pubblico): "Silvia, rimembri ancora Quel tempo della tua vita mortale, Quando beltà splendea, Negli occhi tuoi, ridenti e fuggitivi, E tu, lieta e pensosa il limitare Di gioventù salivi? Sonavan le quiete Stanze, e le vie d'intorno, Al tuo perpetuo canto, Allor, che all'opre femminili intenta Sedevi, assai contenta Di quel vago avvenir che in mente avevi Era il maggio odoroso: e Tu solevi Così menare il giorno"».
Le tre voci dovrebbero avere un effetto eco, o canone musicale a cappella. La ragazza alza il volto e riprende la sua lettura dalla pagina, alzando lievemente il tono della voce, come se scoprisse all'improvviso la sorte della fanciulla Leopardiana.
Ragazza: «"…Tu, pria che l'erbe inaridisse il verno, Da chiuso morbo, combattuta e vinta, Perivi, o tenerella. E non vedevi Il fior degli anni tuoi; Non ti molceva il core La dolce lode or delle negre chiome, Or degli sguardi innamorati e schivi; Né teco le compagne ai dì estivi, Ragionavan d'Amore"».
Dietro di lei, sempre dalla stessa quinta, compare l'Autore del primo atto, che le si avvicina, la copre con la sua giacca, si avvicina all'autrice e recita al pubblico, esponendosi di petto, come per rivelare una grande verità.
Autore, sincero: «"Anche perià tra poco La speranza mia dolce: agli anni miei Anche negaro i fati La giovinezza. Ahi come, Come passata sei, Cara compagna dell'età mia nova, Mia lacrimata speme!… All'apparir del Vero Tu misera cadesti: e con la mano (l'attore compie un gesto largo rivolgendosi al Pubblico per evocare il vero) La fredda morte ed una tomba ignuda Mostravi di lontano"».
La ragazza, danza, come novella Arlecchina, secondo i lazzi della Commedia dell'arte, poi nettamente si rivolge, prima all'autrice, poi all'autore, per chiedere: «Ma tu, chi sei Tu?»
Scende il sipario, lasciando l'interrogativo nell'aria.
Nuovo appuntamento con "Voci" di Liliana Salerno martedì 9 novembre