Le ragnatele di Ersilia
Briatore, sei un Briatore!
Rubrica di cultura e società
giovedì 27 agosto 2020
11.44
"Briatore sei un Briatore!" inveisce un utente Facebook al noto imprenditore, affermando che il massimo delle offese che gli si possano fare sia chiamarlo con il suo stesso nome.
Briatore diventa così sinonimo di ignoranza, sfacciataggine, egoismo, arroganza, amoralità, negazionismo.
In fondo è sempre la solita storia dei poveri che odiano i ricchi. Non si spiegherebbe diversamente questo accanimento nei confronti di un imprenditore che in fondo ha sbagliato assieme a tanti altri italiani.
Ma non si tratta della vecchia lotta tra proletari e capitalisti. Quella non esiste più già da tempo. È una lotta diversa, questa, perché manca il proletariato, e pur mancando, abbiamo comunque restaurato l'atavico odio di classe. Ed Edoardo Sanguineti lo diceva che bisognava ripristinarlo e che avrebbero dovuto farlo i nuovi proletari e cioè ingegneri, precari, laureati, pensionati. L'odio di classe riemerge e pare che il sogno di un riscatto dei poveri debba restare solo un sogno.
C'è una cosa che resta imperdonabile in questo mondo ed è la ricchezza. In tutte le sue forme.
In realtà anch'io sono cresciuta con questa idea di felicità e per meritarla ho sempre pensato che bisognasse restare umili e senza soldi. Il denaro macchia le coscienze solo perché tutti lo vorrebbero ma i sogni devono per forza restare sogni. Tutto deve restare irrealizzato per guadagnarsi un posto in paradiso. E pare che Briatore in paradiso non ci debba andare.
La piazza virtuale espone l'uomo alla gogna, lo schernisce, lo umilia, lo imbratta di escrementi, lo denuda, lo colpisce a più non posso. E a farlo sono soprattutto i sardi.
Le agenzie di stampa confermano: Flavio Briatore ha il Covid-19. Si dice che abbia contratto il virus in discoteca ma può anche darsi che lo abbia preso dal dentista. Nessuno saprà mai il giorno e il luogo in cui realmente avviene un contagio, a meno che noi non restringessimo i nostri contatti fino a poterli contare sulle dita delle nostra mano. Eppure tutti sanno che Briatore si sia contagiato in un suo locale.
Detta dai sardi i contagi al Billionnaire hanno insozzato e screditato l'immagine di un'isola, la Sardegna, che, prima che lui investisse i suoi soldi nei suoi locali, pare vivesse di solo mare, sole, pecore e fenicotteri.
I sardi vomitano parole indicibili, irripetibili, imprecando per lui la peggiore fine dimenticando, però, quegli anni in cui la specialità isolana, la più grande industria mai nata sul territorio, la più florida, quella che portava in loco tanta ricchezza fosse quella dell'anonima sequestri. Ma non lo diciamo, potrebbero offendersi.
Diciamo, invece, che i peccati di un popolo vengono ancora caricati su di un capro e questo mandato nel deserto. Il popolo applaude fino a quando il sangue non scorre e avviene la catarsi. Il popolo applaude e l'ordine si ricostituisce. Che poi se chiedi a qualcuno il perché di tanto odio non te lo sanno spiegare. E se a tutto questo aggiungiamo le potenzialità della Rete abbiamo amplificato le potenzialità del rito. Per fortuna nasce sempre un nuovo "capro", la ritualità si ripete ed il popolo è sempre salvo.
L'odio in Rete è una realtà ormai consolidata. Non ci interessa capire il perché delle cose, ci basta solo odiare. Odiare è diventato un mestiere, quello dell'uomo medio, per bene, che si nasconde dietro uno schermo, di chi crede ancora che la Rete sia un mondo a parte dove poter dire tutto quello che vuoi e che non ci è concesso nella vita reale. E questo scarto, questo essere tra due vite ci porta a perdere il pudore e la decenza.
È molto più semplice pensare che le cose siano bianche o nere e che i cattivi siano completamente cattivi. Molto più difficile, invece, è credere che esista una via di mezzo e che sia l'unica via da perseguire. Non quella dell'odio, della tifoseria ad oltranza, quella che ti fa regredire fino a spingere il capro giù dalla rupe.
Briatore è un uomo e come tale preso da se stesso e che non crede ai flagelli. Pensiamoci bene: i flagelli non sono mai a misura d'uomo, ci sembrano irreali, un brutto sogno. Eppure i flagelli esistono, i virus restano, gli uomini passano.
Briatore ha dimenticato di essere umile, ha pensato che il flagello fosse impossibile e che tutto il resto fosse ancora possibile. Ha continuato a fare affari, a viaggiare, ad avere opinioni come tanti altri uomini. La realtà è che chi viaggia, fa affari e discute pensa di essere un uomo libero ma i flagelli esistono e fino a quando i flagelli esisteranno gli uomini non saranno mai liberi veramente. E poi un uomo morto ha un peso solo se qualcuno l'ha visto morto.
Per avere un'idea della morte dirà Camus ne "La peste" "bisognerebbe radunare le persone all'uscita di cinque cinema, si portano in una piazza della città e le si fa morire tutte insieme. E poi mettere dei volti noti su quel cumulo".
La morte non la conosci se non la vedi ma forse è proprio grazie a questo se il mondo non ha smesso ancora di vivere.
Briatore diventa così sinonimo di ignoranza, sfacciataggine, egoismo, arroganza, amoralità, negazionismo.
In fondo è sempre la solita storia dei poveri che odiano i ricchi. Non si spiegherebbe diversamente questo accanimento nei confronti di un imprenditore che in fondo ha sbagliato assieme a tanti altri italiani.
Ma non si tratta della vecchia lotta tra proletari e capitalisti. Quella non esiste più già da tempo. È una lotta diversa, questa, perché manca il proletariato, e pur mancando, abbiamo comunque restaurato l'atavico odio di classe. Ed Edoardo Sanguineti lo diceva che bisognava ripristinarlo e che avrebbero dovuto farlo i nuovi proletari e cioè ingegneri, precari, laureati, pensionati. L'odio di classe riemerge e pare che il sogno di un riscatto dei poveri debba restare solo un sogno.
C'è una cosa che resta imperdonabile in questo mondo ed è la ricchezza. In tutte le sue forme.
In realtà anch'io sono cresciuta con questa idea di felicità e per meritarla ho sempre pensato che bisognasse restare umili e senza soldi. Il denaro macchia le coscienze solo perché tutti lo vorrebbero ma i sogni devono per forza restare sogni. Tutto deve restare irrealizzato per guadagnarsi un posto in paradiso. E pare che Briatore in paradiso non ci debba andare.
La piazza virtuale espone l'uomo alla gogna, lo schernisce, lo umilia, lo imbratta di escrementi, lo denuda, lo colpisce a più non posso. E a farlo sono soprattutto i sardi.
Le agenzie di stampa confermano: Flavio Briatore ha il Covid-19. Si dice che abbia contratto il virus in discoteca ma può anche darsi che lo abbia preso dal dentista. Nessuno saprà mai il giorno e il luogo in cui realmente avviene un contagio, a meno che noi non restringessimo i nostri contatti fino a poterli contare sulle dita delle nostra mano. Eppure tutti sanno che Briatore si sia contagiato in un suo locale.
Detta dai sardi i contagi al Billionnaire hanno insozzato e screditato l'immagine di un'isola, la Sardegna, che, prima che lui investisse i suoi soldi nei suoi locali, pare vivesse di solo mare, sole, pecore e fenicotteri.
I sardi vomitano parole indicibili, irripetibili, imprecando per lui la peggiore fine dimenticando, però, quegli anni in cui la specialità isolana, la più grande industria mai nata sul territorio, la più florida, quella che portava in loco tanta ricchezza fosse quella dell'anonima sequestri. Ma non lo diciamo, potrebbero offendersi.
Diciamo, invece, che i peccati di un popolo vengono ancora caricati su di un capro e questo mandato nel deserto. Il popolo applaude fino a quando il sangue non scorre e avviene la catarsi. Il popolo applaude e l'ordine si ricostituisce. Che poi se chiedi a qualcuno il perché di tanto odio non te lo sanno spiegare. E se a tutto questo aggiungiamo le potenzialità della Rete abbiamo amplificato le potenzialità del rito. Per fortuna nasce sempre un nuovo "capro", la ritualità si ripete ed il popolo è sempre salvo.
L'odio in Rete è una realtà ormai consolidata. Non ci interessa capire il perché delle cose, ci basta solo odiare. Odiare è diventato un mestiere, quello dell'uomo medio, per bene, che si nasconde dietro uno schermo, di chi crede ancora che la Rete sia un mondo a parte dove poter dire tutto quello che vuoi e che non ci è concesso nella vita reale. E questo scarto, questo essere tra due vite ci porta a perdere il pudore e la decenza.
È molto più semplice pensare che le cose siano bianche o nere e che i cattivi siano completamente cattivi. Molto più difficile, invece, è credere che esista una via di mezzo e che sia l'unica via da perseguire. Non quella dell'odio, della tifoseria ad oltranza, quella che ti fa regredire fino a spingere il capro giù dalla rupe.
Briatore è un uomo e come tale preso da se stesso e che non crede ai flagelli. Pensiamoci bene: i flagelli non sono mai a misura d'uomo, ci sembrano irreali, un brutto sogno. Eppure i flagelli esistono, i virus restano, gli uomini passano.
Briatore ha dimenticato di essere umile, ha pensato che il flagello fosse impossibile e che tutto il resto fosse ancora possibile. Ha continuato a fare affari, a viaggiare, ad avere opinioni come tanti altri uomini. La realtà è che chi viaggia, fa affari e discute pensa di essere un uomo libero ma i flagelli esistono e fino a quando i flagelli esisteranno gli uomini non saranno mai liberi veramente. E poi un uomo morto ha un peso solo se qualcuno l'ha visto morto.
Per avere un'idea della morte dirà Camus ne "La peste" "bisognerebbe radunare le persone all'uscita di cinque cinema, si portano in una piazza della città e le si fa morire tutte insieme. E poi mettere dei volti noti su quel cumulo".
La morte non la conosci se non la vedi ma forse è proprio grazie a questo se il mondo non ha smesso ancora di vivere.