Le ragnatele di Ersilia
Dolci come lo zucchero
Rubrica di cultura e società
venerdì 13 agosto 2021
Il nostro cuore si nutre di cose semplici, poche emozioni che poi rincorri per tutta la vita. E quando la "festa" manca non ti resta che prendere quello che rimane nella tua mente. La nostalgia non è un peccato, è cibo per chi crede che il tempo non abbia una fine ed un inizio.
Le feste patronali nascono per celebrare i nostri Santi protettori e rinsaldare i legami di un'intera collettività, gesta antiche contro l'imbarbarimento del presente. E quando i rituali mancano si rischia di perdere tutto quanto, di rendere superflua qualsiasi narrazione che parli di noi e di quello che siamo stati.
La nostra felicità era fatta di zucchero filato, mandorle caramellate e cocco fresco adagiato sotto la fontanina. L'abito della festa era scelto con cura, possibilmente bianco per contrastare il colore della pelle abbronzata. La piazza era illuminata con luci sfavillanti. Le mamme percorrevano le strade stracolme di bancarelle piene di collane colorate e noi bambini incantati a guardare pulcinella, lo yo yo e i palloncini ad elio che dopo la festa restavano attaccati al soffitto della stanza per giorni e giorni.
I bar del centro servivano all'aperto granite e cremolate in coppe di vetro. Poi le strette di mano agli amici che tornavano da Milano felici di salutare i tre Santi che restavano intatti ad aspettarli. La processione e il concerto Bandistico facevano della festa il momento più bello dell'anno. La cassa armonica vestiva la piazza quasi a proteggere la musica da tanto frastuono. Poi la corsa ai biglietti delle giostre e la voglia di far tardi e non tornare a casa. La "batteria" incorniciava la città e salutava i forestieri dicendo loro: «Tornate a casa, noi vi aspettiamo!».
I ricordi sono dolci come lo zucchero filato che ti resta appiccato sulle dita, apparentemente lievi e inconsistenti come una nuvola bianca ma capaci di sprigionare tanta di quella energia che ti fa sorridere anche nei giorni più tristi.
Le feste patronali nascono per celebrare i nostri Santi protettori e rinsaldare i legami di un'intera collettività, gesta antiche contro l'imbarbarimento del presente. E quando i rituali mancano si rischia di perdere tutto quanto, di rendere superflua qualsiasi narrazione che parli di noi e di quello che siamo stati.
La nostra felicità era fatta di zucchero filato, mandorle caramellate e cocco fresco adagiato sotto la fontanina. L'abito della festa era scelto con cura, possibilmente bianco per contrastare il colore della pelle abbronzata. La piazza era illuminata con luci sfavillanti. Le mamme percorrevano le strade stracolme di bancarelle piene di collane colorate e noi bambini incantati a guardare pulcinella, lo yo yo e i palloncini ad elio che dopo la festa restavano attaccati al soffitto della stanza per giorni e giorni.
I bar del centro servivano all'aperto granite e cremolate in coppe di vetro. Poi le strette di mano agli amici che tornavano da Milano felici di salutare i tre Santi che restavano intatti ad aspettarli. La processione e il concerto Bandistico facevano della festa il momento più bello dell'anno. La cassa armonica vestiva la piazza quasi a proteggere la musica da tanto frastuono. Poi la corsa ai biglietti delle giostre e la voglia di far tardi e non tornare a casa. La "batteria" incorniciava la città e salutava i forestieri dicendo loro: «Tornate a casa, noi vi aspettiamo!».
I ricordi sono dolci come lo zucchero filato che ti resta appiccato sulle dita, apparentemente lievi e inconsistenti come una nuvola bianca ma capaci di sprigionare tanta di quella energia che ti fa sorridere anche nei giorni più tristi.