Le ragnatele di Ersilia
L'attesa più bella
Rubrica di cultura e società
domenica 13 dicembre 2020
Esiste una cultura materiale che fa parte della nostra quotidianità, esistono oggetti che, per quanto banali, ci narrano delle storie.
Gli oggetti ci aiutano a ricordare e dimenticare, danno forma e sostanza al tempo. Ma in che modo? Come può una cosa materiale incidere sul tempo che è di per sé inafferrabile?
Se vogliamo ricordare un avvenimento andremo alla ricerca di quegli oggetti che sono legati a quel preciso momento storico; se, invece, desideriamo dimenticarlo ci sbarazzeremo di quegli oggetti.
Noi e le cose siamo parte di un'unica narrazione ma senza la loro materialità non può esistere uno scambio e neanche un sistema di relazioni. Lo sanno bene le tribù africane e tutte le comunità semplici. E dare, oggi, importanza alla loro materialità, in un mondo sempre più virtualizzato è una cosa sacrosanta. E dobbiamo farlo soprattutto ora che è Natale.
Il Natale ogni anno rinnova il nostro amore per Gesù, nato in una capanna di Betlemme, figlio di Dio, nostro salvatore. Ed ogni anno si riaccende in noi la speranza di un mondo migliore.
A Natale si sta tutti insieme e si reinsaldano i legami, si torna al paese d'origine, si percorrono strade lunghissime per ritrovare il calore di un abbraccio fraterno, si contempla il presepe, si imbandisce una tavola simbolo di unione e felicità, si vive la casa materna perché "luogo" per eccellenza, si scambiano doni come simbolo di rinascita.
Il Natale è la festa dell'amore ma è anche il momento in cui è essenziale lo scambio di oggetti.
I doni sono importanti perché possano parlare di noi quando non ci saremo più, ci rappresentano, ci identificano.
Il Natale che sta per arrivare, però, sarà un Natale diverso. Le relazioni sono bandite, censurate, controllate, centellinate. Le relazioni sono tabù perché il male si insinua proprio se stiamo con gli altri.
Il virus ha preso il sopravvento, ci dice cosa possiamo e non possiamo fare, ci dice cosa è essenziale e cosa non lo è, rimanda la vita ad un futuro lontano. Ci vieta quello scambio di doni inutili ma vitali perché quello scambio si fa con le mani e le mani sono oggi impedite, infette, chiuse, coperte da una patina che sta lì da troppo tempo.
Gli oggetti ci aiutano a ricordare e dimenticare, danno forma e sostanza al tempo. Ma in che modo? Come può una cosa materiale incidere sul tempo che è di per sé inafferrabile?
Se vogliamo ricordare un avvenimento andremo alla ricerca di quegli oggetti che sono legati a quel preciso momento storico; se, invece, desideriamo dimenticarlo ci sbarazzeremo di quegli oggetti.
Noi e le cose siamo parte di un'unica narrazione ma senza la loro materialità non può esistere uno scambio e neanche un sistema di relazioni. Lo sanno bene le tribù africane e tutte le comunità semplici. E dare, oggi, importanza alla loro materialità, in un mondo sempre più virtualizzato è una cosa sacrosanta. E dobbiamo farlo soprattutto ora che è Natale.
Il Natale ogni anno rinnova il nostro amore per Gesù, nato in una capanna di Betlemme, figlio di Dio, nostro salvatore. Ed ogni anno si riaccende in noi la speranza di un mondo migliore.
A Natale si sta tutti insieme e si reinsaldano i legami, si torna al paese d'origine, si percorrono strade lunghissime per ritrovare il calore di un abbraccio fraterno, si contempla il presepe, si imbandisce una tavola simbolo di unione e felicità, si vive la casa materna perché "luogo" per eccellenza, si scambiano doni come simbolo di rinascita.
Il Natale è la festa dell'amore ma è anche il momento in cui è essenziale lo scambio di oggetti.
I doni sono importanti perché possano parlare di noi quando non ci saremo più, ci rappresentano, ci identificano.
Il Natale che sta per arrivare, però, sarà un Natale diverso. Le relazioni sono bandite, censurate, controllate, centellinate. Le relazioni sono tabù perché il male si insinua proprio se stiamo con gli altri.
Il virus ha preso il sopravvento, ci dice cosa possiamo e non possiamo fare, ci dice cosa è essenziale e cosa non lo è, rimanda la vita ad un futuro lontano. Ci vieta quello scambio di doni inutili ma vitali perché quello scambio si fa con le mani e le mani sono oggi impedite, infette, chiuse, coperte da una patina che sta lì da troppo tempo.