
Le ragnatele di Ersilia
Non morire di domenica
Rubrica di cultura e società
domenica 25 aprile 2021
Abbiamo disimparato ad ascoltare quegli elementi che suonano come il mare, il vento o la pioggia. Abbiamo disimparato ad ascoltare i luoghi perché ogni luogo ha il suo rumore.
Tutto ciò che non suona non esiste. Lo sanno bene i non vedenti che danno cittadinanza sonora alle azioni, ai sentimenti, agli oggetti.
Senza la radio, forse, non avremmo imparato ad ascoltare e a dare forma alle emozioni. E non ascoltandola più stiamo rinunciando ai sentimenti.
"Buona domenica" era il titolo di un programma radiofonico. Lo ricordo benissimo, era così che cominciava la mia domenica, sulle note di Antonello Venditti.
Di domenica la radio era accesa sin dal mattino e scandiva il tempo del sogno e della leggerezza. La radio non ti abbandonava mai, era l'anima della casa che metteva tutti d'accordo.
L'emozione più grande era sintonizzarsi sul canale preferito e l'analogico ti faceva assaporare quegli intervalli e spazi di tempo che intercorrevano tra un canale ed un altro. Se poi beccavi la tua canzone preferita sapevi che quella era la tua giornata fortunata.
La musica aveva un costo molto alto e, senza un motore di ricerca, potevi solo sperare che lo speaker si sintonizzasse sui tuoi desideri. Avevi comunque un'altra chance, telefonare e fare la richiesta di una canzone.
Di domenica la radio la sentivi per le strade assieme al profumo intenso di ragù. Le mamme stendevano i panni sul balcone, dopo aver preparato il pranzo, e intonavano un brano.
Tra una hit parade e un racconto passavano le ore e la domenica scorreva con semplicità.
Anche a casa dei nonni la radio regnava sovrana. Al risveglio un tic e partiva il giornale radio. Una voce autorevole, forte, maschile, dava le notizie del giorno. Ed io incantata, guardavo mio nonno sdraiato e assorto nei suoi pensieri.
Nel pomeriggio, di domenica, era la volta del calcio minuto per minuto e tutti, incollati alle sedie o nelle auto, vivevano le emozioni di uno sport senza effetti speciali visivi.
Con la radio non eri mai solo e non dovevi scegliere. Ti affidavi al caso e alle mode del momento e le novità erano dettate dagli autori e dalle case discografiche.
A marzo di ogni anno usciva un nuovo album di Pino Daniele e quella, sì, che era una grande festa. Ogni volta un lavoro nuovo, nuove collaborazioni, nuovi stili, un nuovo modo di vedere il mondo. Fino a quando il suo cuore non si è fermato ed ha smesso di raccontare.
La radio ci aiuta a ricordare e ci da il senso del tempo e della storia. Di una storia che procede in avanti. Che non si cristallizza e guarda al passato come ad un tempo concluso.
Di domenica, al risveglio, sento ancora oggi la bellezza di quei giorni passati, di quella canzone che apriva la mente e faceva presagire il migliore dei mondi.
Quella canzone che diceva "Non morire di domenica, guarda il sole e tutto andrà bene".
Tutto ciò che non suona non esiste. Lo sanno bene i non vedenti che danno cittadinanza sonora alle azioni, ai sentimenti, agli oggetti.
Senza la radio, forse, non avremmo imparato ad ascoltare e a dare forma alle emozioni. E non ascoltandola più stiamo rinunciando ai sentimenti.
"Buona domenica" era il titolo di un programma radiofonico. Lo ricordo benissimo, era così che cominciava la mia domenica, sulle note di Antonello Venditti.
Di domenica la radio era accesa sin dal mattino e scandiva il tempo del sogno e della leggerezza. La radio non ti abbandonava mai, era l'anima della casa che metteva tutti d'accordo.
L'emozione più grande era sintonizzarsi sul canale preferito e l'analogico ti faceva assaporare quegli intervalli e spazi di tempo che intercorrevano tra un canale ed un altro. Se poi beccavi la tua canzone preferita sapevi che quella era la tua giornata fortunata.
La musica aveva un costo molto alto e, senza un motore di ricerca, potevi solo sperare che lo speaker si sintonizzasse sui tuoi desideri. Avevi comunque un'altra chance, telefonare e fare la richiesta di una canzone.
Di domenica la radio la sentivi per le strade assieme al profumo intenso di ragù. Le mamme stendevano i panni sul balcone, dopo aver preparato il pranzo, e intonavano un brano.
Tra una hit parade e un racconto passavano le ore e la domenica scorreva con semplicità.
Anche a casa dei nonni la radio regnava sovrana. Al risveglio un tic e partiva il giornale radio. Una voce autorevole, forte, maschile, dava le notizie del giorno. Ed io incantata, guardavo mio nonno sdraiato e assorto nei suoi pensieri.
Nel pomeriggio, di domenica, era la volta del calcio minuto per minuto e tutti, incollati alle sedie o nelle auto, vivevano le emozioni di uno sport senza effetti speciali visivi.
Con la radio non eri mai solo e non dovevi scegliere. Ti affidavi al caso e alle mode del momento e le novità erano dettate dagli autori e dalle case discografiche.
A marzo di ogni anno usciva un nuovo album di Pino Daniele e quella, sì, che era una grande festa. Ogni volta un lavoro nuovo, nuove collaborazioni, nuovi stili, un nuovo modo di vedere il mondo. Fino a quando il suo cuore non si è fermato ed ha smesso di raccontare.
La radio ci aiuta a ricordare e ci da il senso del tempo e della storia. Di una storia che procede in avanti. Che non si cristallizza e guarda al passato come ad un tempo concluso.
Di domenica, al risveglio, sento ancora oggi la bellezza di quei giorni passati, di quella canzone che apriva la mente e faceva presagire il migliore dei mondi.
Quella canzone che diceva "Non morire di domenica, guarda il sole e tutto andrà bene".