Le ragnatele di Ersilia
Pasolini. Perché celebrarlo oggi
Sul dialetto e oltre
lunedì 17 gennaio 2022
8.39
Per Pasolini la posizione di uno scrittore e la sua ideologia coincidono sempre con la sua lingua.
La questione della lingua è quindi il perno della sua visione intellettuale. Lui stesso dirà: «Mon possono esserci innovazione e verità poetica senza che queste siano incarnate in una adeguata innovazione linguistica».
Pasolini ha perfettamente ragione.
Penso sempre al grande miracolo tutto italiano, ad un artista come Pino Daniele che ha saputo, ogni giorno, raccontare ed esprimere tutte le contraddizioni del mondo contemporaneo attraverso la sua lingua madre. Una lingua che si mescola col presente e si nutre di emozioni e di realtà. Che si rinnova sempre perché sa che il dialetto è materia viva che si trasforma seguendo il movimento del tempo.
Pino Daniele, con la lingua di Napoli, descrive una città che non è quella fatta di squarci incantevoli e sdolcinati ma di tinte forti che esaltano i contrasti di persone che vivono e soffrono le contraddizioni attraverso un incrocio di linguaggi, culture, odori, passioni. Con una contaminazione che solo lui sapeva fare, con una miscela lessicale che conquisterà tutti, andando oltre le espressioni vernacolari della tradizione che nulla dicono del presente, che cristallizzano le immagini del passato.
È sempre il crossover ad assicurare l'innovazione. E Pasolini ne è maestro indiscusso. Nella sua poesia che è laboratorio critico.
Pasolini, con passione e ideologia, ama la poesia e vive, perennemente, il suo contrasto interiore, quella tensione infinita che è di tutti i poeti, tra passato e presente, tra la lingua dellélites e quella delle borgate, tra volontà intellettuale e pulsione passionale.
Il dialetto è la lingua di sua madre, di tutte le madri del mondo. E ogni verso l'eco di un'infanzia che si conserva intatta, pura e incontaminata.
Preservare il dialetto è preservare le nostre origini, quello che resta del nostro primo vivere al mondo, del primo approccio con la vita.
La tecnologia, oggi, non ci consente l'uso delle parlate locali. Come faremmo, altrimenti, a dialogare e messaggiare con una persona che vive a centinaia di chilometri da noi?
Se la Rete omologa il linguaggio allora la parola perde la purezza e tutta la passione delle cose semplici. Forse ci si capisce meglio, sì, ma cosa resta delle nostre specificità? E quali contraddizioni riusciremmo a risolvere con una lingua che non è specchio del presente? E non dice nulla di quello che siamo?
Pasolini seppe, da buon antropologo, criticare la società dei consumi già sul nascere. Sarebbe stato bello avere, oggi, il suo sguardo critico su un mondo che non sa dove sta andando. Di fretta, sempre di fretta.
La questione della lingua è quindi il perno della sua visione intellettuale. Lui stesso dirà: «Mon possono esserci innovazione e verità poetica senza che queste siano incarnate in una adeguata innovazione linguistica».
Pasolini ha perfettamente ragione.
Penso sempre al grande miracolo tutto italiano, ad un artista come Pino Daniele che ha saputo, ogni giorno, raccontare ed esprimere tutte le contraddizioni del mondo contemporaneo attraverso la sua lingua madre. Una lingua che si mescola col presente e si nutre di emozioni e di realtà. Che si rinnova sempre perché sa che il dialetto è materia viva che si trasforma seguendo il movimento del tempo.
Pino Daniele, con la lingua di Napoli, descrive una città che non è quella fatta di squarci incantevoli e sdolcinati ma di tinte forti che esaltano i contrasti di persone che vivono e soffrono le contraddizioni attraverso un incrocio di linguaggi, culture, odori, passioni. Con una contaminazione che solo lui sapeva fare, con una miscela lessicale che conquisterà tutti, andando oltre le espressioni vernacolari della tradizione che nulla dicono del presente, che cristallizzano le immagini del passato.
È sempre il crossover ad assicurare l'innovazione. E Pasolini ne è maestro indiscusso. Nella sua poesia che è laboratorio critico.
Pasolini, con passione e ideologia, ama la poesia e vive, perennemente, il suo contrasto interiore, quella tensione infinita che è di tutti i poeti, tra passato e presente, tra la lingua dellélites e quella delle borgate, tra volontà intellettuale e pulsione passionale.
Il dialetto è la lingua di sua madre, di tutte le madri del mondo. E ogni verso l'eco di un'infanzia che si conserva intatta, pura e incontaminata.
Preservare il dialetto è preservare le nostre origini, quello che resta del nostro primo vivere al mondo, del primo approccio con la vita.
La tecnologia, oggi, non ci consente l'uso delle parlate locali. Come faremmo, altrimenti, a dialogare e messaggiare con una persona che vive a centinaia di chilometri da noi?
Se la Rete omologa il linguaggio allora la parola perde la purezza e tutta la passione delle cose semplici. Forse ci si capisce meglio, sì, ma cosa resta delle nostre specificità? E quali contraddizioni riusciremmo a risolvere con una lingua che non è specchio del presente? E non dice nulla di quello che siamo?
Pasolini seppe, da buon antropologo, criticare la società dei consumi già sul nascere. Sarebbe stato bello avere, oggi, il suo sguardo critico su un mondo che non sa dove sta andando. Di fretta, sempre di fretta.