Memorie di un amore
Maternità mancata
Le poesie di Liliana Salerno
venerdì 12 ottobre 2018
12.18
Ti sospiro,
figlio mio,
ma non posso averti!
Tu non sei nel mio ventre
nei miei capelli;
giganteggi nei miei pensieri
strani,
nelle mie mani silvane,
spartane,
prive di anelli o monili.
La solita amica sposata
sfoggia il suo Trilogi
e, garrula gorgheggia,
come fosse un Usignuolo:
"Vedi cara, che regalo
mi ha fatto mio marito
quando io gli ho regalato
un figlio?"
E sfoggia anelli,
bigiotteria e monili.
Tutti con il Nome
di suo figlio,
tutti esposti con orgoglio.
Guardo le mie mani,
nude e Spartane,
lo smalto eroso dal tempo,
e le carezze inespresse,
che mi avrebbero portato
a Te, Longevo Assente,
e che ti videro
un giorno, solitario
ed incompreso Amante.
C'erano i nostri giochi
E le Promesse,
impresse
nella panna del gelato,
nell'asfalto del selciato,
nel ricordo dell'Amato.
C'era il Tuo sguardo diretto,
proteso nel vuoto,
nel viaggio del treno
che, triste,
ammirò il nostro Addio.
Pettirosso Spartano,
ti lasciavo,
con tutte le mie forze,
da Ateniese,
e le ragioni
della mia onestà
poco opportuna.
Ti lasciavo,
inconsolato amante
Ateniese,
e presi possesso
delle Torri di Sparta,
le mie inviolate,
aride,
inespresse
mammelle.
Mi chiedevi il latte
per il figlio che volevi,
quando desolato
apparve il mio ventre,
e il mio volo
nel vuoto.
Cadesti anche Tu,
Pettirosso Assassino!
... e tacque il nostro bimbo amato,
perseguitato
e perduto
figlio mio,
ma non posso averti!
Tu non sei nel mio ventre
nei miei capelli;
giganteggi nei miei pensieri
strani,
nelle mie mani silvane,
spartane,
prive di anelli o monili.
La solita amica sposata
sfoggia il suo Trilogi
e, garrula gorgheggia,
come fosse un Usignuolo:
"Vedi cara, che regalo
mi ha fatto mio marito
quando io gli ho regalato
un figlio?"
E sfoggia anelli,
bigiotteria e monili.
Tutti con il Nome
di suo figlio,
tutti esposti con orgoglio.
Guardo le mie mani,
nude e Spartane,
lo smalto eroso dal tempo,
e le carezze inespresse,
che mi avrebbero portato
a Te, Longevo Assente,
e che ti videro
un giorno, solitario
ed incompreso Amante.
C'erano i nostri giochi
E le Promesse,
impresse
nella panna del gelato,
nell'asfalto del selciato,
nel ricordo dell'Amato.
C'era il Tuo sguardo diretto,
proteso nel vuoto,
nel viaggio del treno
che, triste,
ammirò il nostro Addio.
Pettirosso Spartano,
ti lasciavo,
con tutte le mie forze,
da Ateniese,
e le ragioni
della mia onestà
poco opportuna.
Ti lasciavo,
inconsolato amante
Ateniese,
e presi possesso
delle Torri di Sparta,
le mie inviolate,
aride,
inespresse
mammelle.
Mi chiedevi il latte
per il figlio che volevi,
quando desolato
apparve il mio ventre,
e il mio volo
nel vuoto.
Cadesti anche Tu,
Pettirosso Assassino!
... e tacque il nostro bimbo amato,
perseguitato
e perduto