Memorie di un amore
Notte d'amore
Le poesie di Liliana Salerno
martedì 10 marzo 2020
21.26
La Mia Penna sorseggia
una Ninfa,
senza ghiaccio, né olive,
né toast.
Una ninfa
screziata d'Amianto,
giovane, illusa, screziata di pianto!
Tu sei sempre l'Uomo d'un Tempo
dolce Satiro d'Eterno calore?
L'Uomo sincero,
che asciugò il suo pianto,
col suo sorriso, vergato d'Amianto?
La sua Rosa
è perduta;
è perduta
e finta,
è d'Amianto,
ignifugo
al fuoco del Nostro
procace,
profano Inferno
profano Amore!
Dolce Ninfa
screziata d'Amianto
che sorseggi l'Attesa,
il Suo stesso Veleno,
imbriglia i sogni arditi,
ammaina le vele
ed il palvese;
e parti per il Tuo Viaggio Nuovo,
verso Scilla e Cariddi,
dove le Sirene
lo attesero invano.
Una Circe straniera
avvolse di Mare
il suo cinto,
e Lui, povero, onesto
Bengalino
t'attese, con gli Occhi bendati
dalla Maga,
che ne distolse le Ali.
Maga Magò entrò nel Talamo,
candido e deserto,
e liberò i Rospi, le Rane
della Batracomiomachia
Leopardiana.
Uccisero,
senza Amore Uccisero,
senza Cristo Uccisero,
ma salvarono il Buddha,
e un Pettirosso Scarlatto,
Tenero,
Satanico Assassino;
la sua Ninfa d'Amianto,
la sua Ninfa screziata,
l'avvolse il Mare
e la sottrasse
ai mostri marini,
ai Leones,
vestendola d'Amianto,
con coda di Sirena!
Dove sei,
Longevo Assente?
Dov'è Orfeo
con la sua Cetra?
È rimasto negli Occhi
Eterni,
ormai spenti
della Madre
che ti tenne al petto!
La mia penna sorseggiò
quel Martini,
con ghiaccio, olive e Toast.
Dividendo le ali plananti,
con un Falco Pellegrino,
o un'Aquila Rapace,
Ottusa.
Era nel Talamo, onesto,
vuoto e sincero
segreto,
pagano,
col Suo Nome sussurrato,
nel Nostro, Amore
Profano.
Dolce Satiro
canuto e sincero,
Satiro Assente,
giovane cantore
di gesta osannate,
cantate
e pregate,
Satiro Assente e Baciatore Assassino,
hai Tu violato
la Dama,
che lasciò,
nella Notte,
la tela?
Dolce Ninfa triste,
hai il Suo stesso Destino.
T'attende il treno
che illuse il Nostro sentire,
caduco e profano.
Il volo nel buio,
la Rupe di Leucade.
Dolce Ninfa,
sorseggia il Martini,
e Taci, smetti di vaneggiare,
e considera perduto,
quello
che è perduto,
nella goccia, nelle bollicine
frizzanti,
annega il Dolore
di una Notte d'Attesa,
Notte d'Amore.
La mia penna
ha sorseggiato il Tuo Martini,
Longevo Assente,
con ghiaccio, olive e Toast.
una Ninfa,
senza ghiaccio, né olive,
né toast.
Una ninfa
screziata d'Amianto,
giovane, illusa, screziata di pianto!
Tu sei sempre l'Uomo d'un Tempo
dolce Satiro d'Eterno calore?
L'Uomo sincero,
che asciugò il suo pianto,
col suo sorriso, vergato d'Amianto?
La sua Rosa
è perduta;
è perduta
e finta,
è d'Amianto,
ignifugo
al fuoco del Nostro
procace,
profano Inferno
profano Amore!
Dolce Ninfa
screziata d'Amianto
che sorseggi l'Attesa,
il Suo stesso Veleno,
imbriglia i sogni arditi,
ammaina le vele
ed il palvese;
e parti per il Tuo Viaggio Nuovo,
verso Scilla e Cariddi,
dove le Sirene
lo attesero invano.
Una Circe straniera
avvolse di Mare
il suo cinto,
e Lui, povero, onesto
Bengalino
t'attese, con gli Occhi bendati
dalla Maga,
che ne distolse le Ali.
Maga Magò entrò nel Talamo,
candido e deserto,
e liberò i Rospi, le Rane
della Batracomiomachia
Leopardiana.
Uccisero,
senza Amore Uccisero,
senza Cristo Uccisero,
ma salvarono il Buddha,
e un Pettirosso Scarlatto,
Tenero,
Satanico Assassino;
la sua Ninfa d'Amianto,
la sua Ninfa screziata,
l'avvolse il Mare
e la sottrasse
ai mostri marini,
ai Leones,
vestendola d'Amianto,
con coda di Sirena!
Dove sei,
Longevo Assente?
Dov'è Orfeo
con la sua Cetra?
È rimasto negli Occhi
Eterni,
ormai spenti
della Madre
che ti tenne al petto!
La mia penna sorseggiò
quel Martini,
con ghiaccio, olive e Toast.
Dividendo le ali plananti,
con un Falco Pellegrino,
o un'Aquila Rapace,
Ottusa.
Era nel Talamo, onesto,
vuoto e sincero
segreto,
pagano,
col Suo Nome sussurrato,
nel Nostro, Amore
Profano.
Dolce Satiro
canuto e sincero,
Satiro Assente,
giovane cantore
di gesta osannate,
cantate
e pregate,
Satiro Assente e Baciatore Assassino,
hai Tu violato
la Dama,
che lasciò,
nella Notte,
la tela?
Dolce Ninfa triste,
hai il Suo stesso Destino.
T'attende il treno
che illuse il Nostro sentire,
caduco e profano.
Il volo nel buio,
la Rupe di Leucade.
Dolce Ninfa,
sorseggia il Martini,
e Taci, smetti di vaneggiare,
e considera perduto,
quello
che è perduto,
nella goccia, nelle bollicine
frizzanti,
annega il Dolore
di una Notte d'Attesa,
Notte d'Amore.
La mia penna
ha sorseggiato il Tuo Martini,
Longevo Assente,
con ghiaccio, olive e Toast.