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Morte di un gettonista
Capitolo dodicesimo
Giallo a puntate firmato dal dott. Antonio Marzano
giovedì 20 febbraio 2025
11.00
L'espressione di Erika è cambiata. Ho l'impressione che solo ora abbia realizzato cosa sia successo e in che guaio, anche se involontariamente, siamo cacciati.
«Pasquale, avvocato... posso darti del tu? Ho bisogno di sentirmi circondata da persone oneste, corrette, sincere. Credetemi, ieri sera non sono riuscita neanche con una compressa di Tavor a tranquillizzarmi. Ho pensato e ripensato. Ho cercato di ricordare se il povero Mustafà avesse avuto, sia in reparto, sia al pronto soccorso, sia con un genitore, una discussione o un'incomprensione... niente... non sono riuscita a portare niente alla mente.»
«Ma come è possibile?!»
«Tu di qualcosa, Pasquale!»
«Posso dirti che un omicidio può essere scatenato da non molti motivi e credo da sempre: denaro, potere, sesso!»
«Anche io ci ho pensato e molto e, a meno che non vi vengano in mente altre motivazioni, queste tre sono le principali.»
«Pasquale, condivido» dice Mariano. «Ma se questo giovane medico è arrivato qui a Randolfi non più di dieci giorni fa, non ha avuto neanche il tempo e l'occasione per scatenare tanto odio in qualcuno conosciuto solo ora. Credo che, e di questo dobbiamo parlare con il commissario di polizia, sia indispensabile indagare nel passato, presente e remoto, di Mustafà. Dicevi, Pasquale, che lui è venuto dal Libano... è così?»
«Sì, è così che mi ha riferito da subito il direttore della Cooperativa La Nuova Sanità, Furio Occorsi.»
«E allora ci vogliamo chiedere... ha deciso di venire in Italia solo per lavoro o aveva un altro motivo? È stata una decisione condivisa dalla moglie, dai genitori, o è stata una decisione presa alla luce di minacce, ricatti o altro? Insomma, è stata una scelta volontaria o una fuga obbligata? Era invischiato in qualche attività politica contro il governo? Aveva contratto debiti? Aveva compromesso altre ragazze...?? Al più presto è necessario parlare con la moglie e i suoi familiari, anche i genitori, se esistono, della moglie!»
«Allora, Mariano» esclama Erika. «Tu pensi a un omicidio commissionato da lontano? Eseguito da un killer professionista venuto da lontano?»
«Non solo questo, ma anche la possibilità, visto ciò che ha detto Fabrizio Rotaro, il medico legale, che il professionista sia un medico dell'ospedale. E qui ritorniamo al discorso di prima: ma è mai possibile? Di quali segreti è venuto a conoscenza in ospedale? Segreti conosciuti fuori, anche se, a detta della signora Milena del bar, sembrava una persona riservata e poco incline al dialogo.»
«Pasquale, mi avevi accennato al fatto che Mustafà era stato, prima di venire qui, a Marsegno... è così?»
«Sì, sì. Marsegno è una città particolare, dove sì, si è potuto fare dei nemici, anche molto vendicativi.»
«Allora» fa Erika. «Andate voi in Questura. Rimango io in reparto. C'è solo il piccolo Giulio?»
«Sì, vedi tu. Magari c'è da fare una bilirubinemia.»
«Certo, certo. Vai tranquillo, Pasquale.»
A questo punto andiamo. Sono solo le 8 del mattino... ci fermiamo prima al bar... oggi è solo il secondo giorno delle indagini... ma poi... «Mariano, ricordiamoci di chiedere a Giacinto di cercare delle telecamere di sorveglianza...»
«Sì, sì... hai ragione.»
Non abbiamo fretta. Ci sediamo a un tavolino sotto un grande ombrellone che ci riserva una piacevole ombra e, mentre si avvicina la ragazza per le ordinazioni, ci raggiunge la signora Milena.
«Per me il solito caffè con un cornetto alla marmellata e un bicchiere di acqua frizzante.»
«E per me» dice Mariano. «Lo stesso, ma con un cornetto vuoto.»
E prima che Milena inizi a parlare, la carina e simpatica ragazza delle ordinazioni esclama: «Dottore, non ci posso credere... possibile? Ieri sera ho visto un servizio in tv. Sono riusciti per un attimo a riprendere anche il cadavere... è agghiacciante!»
«Sì» dico. «Sì... Dimmi il tuo nome?»
«Concetta.»
«Dimmi, Concetta, prima che te lo chieda la polizia... ma con te Mustafà ci ha mai provato? Ti ha mai fatto un'avance? Ti sei mai sentita il suo sguardo addosso?»
«Non saprei, dottore. Con il lavoro che faccio, ci ho fatto anche l'abitudine a uno sguardo di troppo o a una parola di troppo da parte dei nonnetti o di qualche uomo maturo, ma anche di qualche ragazzo più intraprendente. Mustafà sì, mi guardava, così come un uomo guarda una donna, ma era come se attraverso di me cercasse altro.»
«Cioè??»
«Cioè, lui mi guardava con un'espressione strana e, senza dire una parola, avevo l'impressione che nel guardare me guardasse, o meglio cercasse, qualcuna che non c'era.»
«Quindi non ti ha mai detto niente?»
«No, mai... anzi, solo la seconda volta che è arrivato qui mi ha detto, e sembrava più che lo dicesse a un'altra persona: "Lei andrebbe via da questo paese?" E subito dopo, senza attendere la risposta, si è alzato ed è andato via!»
«Te l'avevo detto, dottore: il libanese era strano, molto strano, misterioso.»
«Sì, va bene... ma questo comportamento può giustificare l'omicidio? Mi sembra assurdo!!»
«Beh, sì...» dice Milena. «Sì, non è possibile...» e si allontana.
Ed ecco che, mentre sorseggiamo il caffè, si avvicinano due dei nonnetti che erano seduti poco distanti a giocare a carte.
«Dottore, posso?»
«Prego.»
«Sono Donato e lui è Franco.»
«Ed io sono Pasquale e il signore è il mio avvocato Mariano, appena arrivato da Talfemo.»
«Piacere.» E con una stretta di mano li invito a sedersi.
«Grazie, dottore, grazie, avvocato.»
Sembrava avessero bisogno entrambi di prendere fiato, di soppesare le parole e di ricordare con precisione ciò che avevano sentito.
«Anche noi tutti abbiamo avuto la stessa impressione delle due signore; tra l'altro, in questo nostro ospedale è arrivato più di un gettonista, ma tutti come lei, come dire, senza offesa, non più giovani e poi solo italiani. E tutti che avevano parecchio da raccontare, dovuto al ruolo inusuale che erano venuti a svolgere: gettonista.
Mustafà, invece, non parlava quasi mai, non sorrideva mai, era sempre pensieroso, imbronciato, a volte assente, a volte preoccupato...»
«Mariano, avete fatto bene a raccontarci questo episodio. Andiamo a riferire al commissario... c'è da riflettere su questa domanda. Sì, c'è da riflettere!»
«Pasquale, avvocato... posso darti del tu? Ho bisogno di sentirmi circondata da persone oneste, corrette, sincere. Credetemi, ieri sera non sono riuscita neanche con una compressa di Tavor a tranquillizzarmi. Ho pensato e ripensato. Ho cercato di ricordare se il povero Mustafà avesse avuto, sia in reparto, sia al pronto soccorso, sia con un genitore, una discussione o un'incomprensione... niente... non sono riuscita a portare niente alla mente.»
«Ma come è possibile?!»
«Tu di qualcosa, Pasquale!»
«Posso dirti che un omicidio può essere scatenato da non molti motivi e credo da sempre: denaro, potere, sesso!»
«Anche io ci ho pensato e molto e, a meno che non vi vengano in mente altre motivazioni, queste tre sono le principali.»
«Pasquale, condivido» dice Mariano. «Ma se questo giovane medico è arrivato qui a Randolfi non più di dieci giorni fa, non ha avuto neanche il tempo e l'occasione per scatenare tanto odio in qualcuno conosciuto solo ora. Credo che, e di questo dobbiamo parlare con il commissario di polizia, sia indispensabile indagare nel passato, presente e remoto, di Mustafà. Dicevi, Pasquale, che lui è venuto dal Libano... è così?»
«Sì, è così che mi ha riferito da subito il direttore della Cooperativa La Nuova Sanità, Furio Occorsi.»
«E allora ci vogliamo chiedere... ha deciso di venire in Italia solo per lavoro o aveva un altro motivo? È stata una decisione condivisa dalla moglie, dai genitori, o è stata una decisione presa alla luce di minacce, ricatti o altro? Insomma, è stata una scelta volontaria o una fuga obbligata? Era invischiato in qualche attività politica contro il governo? Aveva contratto debiti? Aveva compromesso altre ragazze...?? Al più presto è necessario parlare con la moglie e i suoi familiari, anche i genitori, se esistono, della moglie!»
«Allora, Mariano» esclama Erika. «Tu pensi a un omicidio commissionato da lontano? Eseguito da un killer professionista venuto da lontano?»
«Non solo questo, ma anche la possibilità, visto ciò che ha detto Fabrizio Rotaro, il medico legale, che il professionista sia un medico dell'ospedale. E qui ritorniamo al discorso di prima: ma è mai possibile? Di quali segreti è venuto a conoscenza in ospedale? Segreti conosciuti fuori, anche se, a detta della signora Milena del bar, sembrava una persona riservata e poco incline al dialogo.»
«Pasquale, mi avevi accennato al fatto che Mustafà era stato, prima di venire qui, a Marsegno... è così?»
«Sì, sì. Marsegno è una città particolare, dove sì, si è potuto fare dei nemici, anche molto vendicativi.»
«Allora» fa Erika. «Andate voi in Questura. Rimango io in reparto. C'è solo il piccolo Giulio?»
«Sì, vedi tu. Magari c'è da fare una bilirubinemia.»
«Certo, certo. Vai tranquillo, Pasquale.»
A questo punto andiamo. Sono solo le 8 del mattino... ci fermiamo prima al bar... oggi è solo il secondo giorno delle indagini... ma poi... «Mariano, ricordiamoci di chiedere a Giacinto di cercare delle telecamere di sorveglianza...»
«Sì, sì... hai ragione.»
Non abbiamo fretta. Ci sediamo a un tavolino sotto un grande ombrellone che ci riserva una piacevole ombra e, mentre si avvicina la ragazza per le ordinazioni, ci raggiunge la signora Milena.
«Per me il solito caffè con un cornetto alla marmellata e un bicchiere di acqua frizzante.»
«E per me» dice Mariano. «Lo stesso, ma con un cornetto vuoto.»
E prima che Milena inizi a parlare, la carina e simpatica ragazza delle ordinazioni esclama: «Dottore, non ci posso credere... possibile? Ieri sera ho visto un servizio in tv. Sono riusciti per un attimo a riprendere anche il cadavere... è agghiacciante!»
«Sì» dico. «Sì... Dimmi il tuo nome?»
«Concetta.»
«Dimmi, Concetta, prima che te lo chieda la polizia... ma con te Mustafà ci ha mai provato? Ti ha mai fatto un'avance? Ti sei mai sentita il suo sguardo addosso?»
«Non saprei, dottore. Con il lavoro che faccio, ci ho fatto anche l'abitudine a uno sguardo di troppo o a una parola di troppo da parte dei nonnetti o di qualche uomo maturo, ma anche di qualche ragazzo più intraprendente. Mustafà sì, mi guardava, così come un uomo guarda una donna, ma era come se attraverso di me cercasse altro.»
«Cioè??»
«Cioè, lui mi guardava con un'espressione strana e, senza dire una parola, avevo l'impressione che nel guardare me guardasse, o meglio cercasse, qualcuna che non c'era.»
«Quindi non ti ha mai detto niente?»
«No, mai... anzi, solo la seconda volta che è arrivato qui mi ha detto, e sembrava più che lo dicesse a un'altra persona: "Lei andrebbe via da questo paese?" E subito dopo, senza attendere la risposta, si è alzato ed è andato via!»
«Te l'avevo detto, dottore: il libanese era strano, molto strano, misterioso.»
«Sì, va bene... ma questo comportamento può giustificare l'omicidio? Mi sembra assurdo!!»
«Beh, sì...» dice Milena. «Sì, non è possibile...» e si allontana.
Ed ecco che, mentre sorseggiamo il caffè, si avvicinano due dei nonnetti che erano seduti poco distanti a giocare a carte.
«Dottore, posso?»
«Prego.»
«Sono Donato e lui è Franco.»
«Ed io sono Pasquale e il signore è il mio avvocato Mariano, appena arrivato da Talfemo.»
«Piacere.» E con una stretta di mano li invito a sedersi.
«Grazie, dottore, grazie, avvocato.»
Sembrava avessero bisogno entrambi di prendere fiato, di soppesare le parole e di ricordare con precisione ciò che avevano sentito.
«Anche noi tutti abbiamo avuto la stessa impressione delle due signore; tra l'altro, in questo nostro ospedale è arrivato più di un gettonista, ma tutti come lei, come dire, senza offesa, non più giovani e poi solo italiani. E tutti che avevano parecchio da raccontare, dovuto al ruolo inusuale che erano venuti a svolgere: gettonista.
Mustafà, invece, non parlava quasi mai, non sorrideva mai, era sempre pensieroso, imbronciato, a volte assente, a volte preoccupato...»
«Mariano, avete fatto bene a raccontarci questo episodio. Andiamo a riferire al commissario... c'è da riflettere su questa domanda. Sì, c'è da riflettere!»