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Rubrica di pediatria a cura del dottor Antonio Marzano - pediatra di famiglia
giovedì 23 agosto 2018
9.59
E cosa sono questi? Credo di non averli mai visti, non riesco a capire!
Vogliamo loro tanto bene, ci fanno tanta compagnia, sono così affettuosi, eppure il pediatra del rapporto bambino-animale domestico (cane o gatto che sia), molto spesso piuttosto che osservare il lato positivo si ritrova a valutare quello meno positivo: non lo chiamerei francamente negativo ma meno positivo.
Nel corso di questi primi trentatré anni di Pediatria di famiglia ho avuto il privilegio di osservare e quindi di curare nei bambini alcune patologie, per lo più micotiche, trasmesse dal pelo del gatto. A volte ho medicato ferite da morso di cane ma che io ricordi niente di particolarmente impegnativo.
Certo le epidermofizie insomma la tigna corporis (del corpo) o capitis (del capo) è una patologia un po' "antipatica" che ha bisogno di non meno di una settimana di cura con creme antimicotiche e spesso anche con l'aggiunta di antimicotici per bocca. Il bambino guarisce sempre e senza esiti. Daniela (nome di fantasia), in una calda sera d'estate, all'improvviso e in pieno benessere, lamenta dolore addominale. Daniela è grandicella per cui la mamma le chiede se avesse mangiato qualcosa di particolare, se fosse "andata in bagno" durante la giornata, se fosse stata troppo in acqua al mare o avesse acceso a sua insaputa l'aria condizionata nel soggiorno. Niente di tutto questo: Daniela è una signorinella educata e corretta per cui la mamma si fida delle sue parole.
Il dolore addominale aumenta, sono le 23:00 di una calda sera di agosto e il genitore percepisce che il dolore non può sottovalutarlo, per cui decide e va in Pronto Soccorso. Qui il collega, nel visitarla si accorge dal viso sofferente che Daniela deve essere ricoverata perché c'è qualcosa che non va...
Una volta giunta in reparto i colleghi la visitano: le sue condizioni cliniche sembrano migliori rispetto a ciò che qualche minuto prima aveva osservato il medico del pronto soccorso, eppure molto attentamente e scrupolosamente decidono per il ricovero. Il genitore si tranquillizza, Daniela è reidratata, le si somministra un farmaco anti dolorifico eppure l'addome continua ad essere dolente, di una dolenzia che però non evoca nessun sospetto diagnostico clinico.
Il giorno dopo il Primario pediatra decide di indagare e vengono prescritte alla bambina indagini ematochimiche nell'attesa di una patologia infettiva addominale. Non trascorrono che poche ore che il solerte laboratorio si esprime: «Tutto negativo». Eppure Daniela continua a non stare bene e soprattutto è la sua sintomatologia addominale a non convincere.
A questo punto il Primario chiede una ecografia addome completo: i colleghi radiologi-ecografisti si ritrovano di fronte a un'immagine ecografica sibillina: Daniela presenta sul fegato, sul pancreas, sulla milza dei noduli non ben specificati. Un'immagine che evoca patologia severa, molto severa ma che non concorda con lo stato clinico, con gli esami ematochimici e con il referto ecografico che in tante occasioni i colleghi radiologi hanno osservato.
E questi cosa sono? Non li abbiamo mai visti prima...
Molto prudentemente si chiede la collaborazione clinico-ecografica di altri colleghi. Anche da parte di questi ultimi il referto ecografico è confermato ma il sospetto diagnostico manca. Daniela è sempre uguale clinicamente. A questo punto il genitore di tempra forte, di grande fermezza, nel rispetto delle difficoltà diagnostiche di "due ospedali" decide con il consenso del Primario di consultare un centro di super eccellenza pediatrica. Durante una serie di sms che scambio con il genitore che mi mette comunque al corrente, in veste di pediatra di Daniela, chiedo una paziente anamnesi della figliola... Insomma, le solite domande: dove siete andati, cosa avete fatto, cosa avete mangiato, cosa avete bevuto, avete fatto un viaggio all'estero, la bambina ha frequentato una colonia estiva, avete animali in casa...
La mamma, dopo un'attenta ricognizione, mi risponde tramite sms. «Dottore, niente. La solita vita, il solito stile di vita perché come lei sa noi lavoriamo». «Ok», rispondo: eppure in questi casi l'anamnesi può aiutare molto.
A distanza di non molte ore il genitore mi mette al corrente che il centro pediatrico d'eccellenza ha confermato la presenza dei numerosi noduli sugli organi addominali e che anche lì non solo non è stata fatta una diagnosi immediata ma che l'immagine ecografica addominale ha messo anche i medici della struttura in difficoltà diagnostica.
Il genitore ha mantenuto una grande forza d'animo, rassicurato dall'impegno di tutto lo staff medico di questa divisione di Pediatria e di Ecografia, che ha moltiplicato lo sforzo per giungere alla diagnosi.
Poi... Una mattina la mamma della bambina mi manda l'sms che aspettavo con ansia: «Dottore, abbiamo la diagnosi: è la Bartonella». Le rispondo: «Meno male». Non per volermi ritagliare una miscroscopica fettina di merito, quanto piuttosto la consolante conferma che il mio cervello non è andato ancora in pensione le scrivo: «Eppure te l'avevo chiesto. Avete animali in casa?». «Ha ragione dottore. Viviamo in una villetta... coi gattini in giardino!».
La Bartonella Hensealae è un microrganismo trasmesso dal gatto infetto, specie quelli più piccoli, coi graffi che affettuosamente regalano all'uomo. E si sa quanto i bambini amino i gattini, li accarezzino, li tengano in braccio e mentre i micini fanno le fusa possano graffiare con le unghie.
La patologia, non a caso, è definita "malattia da graffio di gatto". In genere si presenta nel bambino dopo circa una settimana dal contagio, un piccolo linfonodo asintomatico, sotto mandibolare, accompagnato da una leggera febbricola e niente di più. A volte può succedere che venga somministrato un antibiotico dal pediatra, molto più spesso no ma il tutto si risolve con gli anticorpi che il bambino sviluppa e che garantiscono la guarigione. In questo caso non sappiamo perché a Daniela sia andata diversamente e come la Bartonella abbia provocato "Lesioni epatiche-pancreatiche e spleniche". La cosa importante è che l'antibiotico specifico abbia risolto il problema: Daniela sta molto meglio... e senza voler dare alcuna responsabilità ai gattini è opportuno essere con loro un pizzico più prudenti.
Vogliamo tanto ma tanto bene ai nostri fidati e affettuosi amici cani e gatti ma per quanto possibile cerchiamo di non umanizzarli...
La prossima volta, in una situazione simile a questa, chiederò al genitore: «Avete animali in casa? E in giardino?».
Buona continuazione dell'estate.
Vogliamo loro tanto bene, ci fanno tanta compagnia, sono così affettuosi, eppure il pediatra del rapporto bambino-animale domestico (cane o gatto che sia), molto spesso piuttosto che osservare il lato positivo si ritrova a valutare quello meno positivo: non lo chiamerei francamente negativo ma meno positivo.
Nel corso di questi primi trentatré anni di Pediatria di famiglia ho avuto il privilegio di osservare e quindi di curare nei bambini alcune patologie, per lo più micotiche, trasmesse dal pelo del gatto. A volte ho medicato ferite da morso di cane ma che io ricordi niente di particolarmente impegnativo.
Certo le epidermofizie insomma la tigna corporis (del corpo) o capitis (del capo) è una patologia un po' "antipatica" che ha bisogno di non meno di una settimana di cura con creme antimicotiche e spesso anche con l'aggiunta di antimicotici per bocca. Il bambino guarisce sempre e senza esiti. Daniela (nome di fantasia), in una calda sera d'estate, all'improvviso e in pieno benessere, lamenta dolore addominale. Daniela è grandicella per cui la mamma le chiede se avesse mangiato qualcosa di particolare, se fosse "andata in bagno" durante la giornata, se fosse stata troppo in acqua al mare o avesse acceso a sua insaputa l'aria condizionata nel soggiorno. Niente di tutto questo: Daniela è una signorinella educata e corretta per cui la mamma si fida delle sue parole.
Il dolore addominale aumenta, sono le 23:00 di una calda sera di agosto e il genitore percepisce che il dolore non può sottovalutarlo, per cui decide e va in Pronto Soccorso. Qui il collega, nel visitarla si accorge dal viso sofferente che Daniela deve essere ricoverata perché c'è qualcosa che non va...
Una volta giunta in reparto i colleghi la visitano: le sue condizioni cliniche sembrano migliori rispetto a ciò che qualche minuto prima aveva osservato il medico del pronto soccorso, eppure molto attentamente e scrupolosamente decidono per il ricovero. Il genitore si tranquillizza, Daniela è reidratata, le si somministra un farmaco anti dolorifico eppure l'addome continua ad essere dolente, di una dolenzia che però non evoca nessun sospetto diagnostico clinico.
Il giorno dopo il Primario pediatra decide di indagare e vengono prescritte alla bambina indagini ematochimiche nell'attesa di una patologia infettiva addominale. Non trascorrono che poche ore che il solerte laboratorio si esprime: «Tutto negativo». Eppure Daniela continua a non stare bene e soprattutto è la sua sintomatologia addominale a non convincere.
A questo punto il Primario chiede una ecografia addome completo: i colleghi radiologi-ecografisti si ritrovano di fronte a un'immagine ecografica sibillina: Daniela presenta sul fegato, sul pancreas, sulla milza dei noduli non ben specificati. Un'immagine che evoca patologia severa, molto severa ma che non concorda con lo stato clinico, con gli esami ematochimici e con il referto ecografico che in tante occasioni i colleghi radiologi hanno osservato.
E questi cosa sono? Non li abbiamo mai visti prima...
Molto prudentemente si chiede la collaborazione clinico-ecografica di altri colleghi. Anche da parte di questi ultimi il referto ecografico è confermato ma il sospetto diagnostico manca. Daniela è sempre uguale clinicamente. A questo punto il genitore di tempra forte, di grande fermezza, nel rispetto delle difficoltà diagnostiche di "due ospedali" decide con il consenso del Primario di consultare un centro di super eccellenza pediatrica. Durante una serie di sms che scambio con il genitore che mi mette comunque al corrente, in veste di pediatra di Daniela, chiedo una paziente anamnesi della figliola... Insomma, le solite domande: dove siete andati, cosa avete fatto, cosa avete mangiato, cosa avete bevuto, avete fatto un viaggio all'estero, la bambina ha frequentato una colonia estiva, avete animali in casa...
La mamma, dopo un'attenta ricognizione, mi risponde tramite sms. «Dottore, niente. La solita vita, il solito stile di vita perché come lei sa noi lavoriamo». «Ok», rispondo: eppure in questi casi l'anamnesi può aiutare molto.
A distanza di non molte ore il genitore mi mette al corrente che il centro pediatrico d'eccellenza ha confermato la presenza dei numerosi noduli sugli organi addominali e che anche lì non solo non è stata fatta una diagnosi immediata ma che l'immagine ecografica addominale ha messo anche i medici della struttura in difficoltà diagnostica.
Il genitore ha mantenuto una grande forza d'animo, rassicurato dall'impegno di tutto lo staff medico di questa divisione di Pediatria e di Ecografia, che ha moltiplicato lo sforzo per giungere alla diagnosi.
Poi... Una mattina la mamma della bambina mi manda l'sms che aspettavo con ansia: «Dottore, abbiamo la diagnosi: è la Bartonella». Le rispondo: «Meno male». Non per volermi ritagliare una miscroscopica fettina di merito, quanto piuttosto la consolante conferma che il mio cervello non è andato ancora in pensione le scrivo: «Eppure te l'avevo chiesto. Avete animali in casa?». «Ha ragione dottore. Viviamo in una villetta... coi gattini in giardino!».
La Bartonella Hensealae è un microrganismo trasmesso dal gatto infetto, specie quelli più piccoli, coi graffi che affettuosamente regalano all'uomo. E si sa quanto i bambini amino i gattini, li accarezzino, li tengano in braccio e mentre i micini fanno le fusa possano graffiare con le unghie.
La patologia, non a caso, è definita "malattia da graffio di gatto". In genere si presenta nel bambino dopo circa una settimana dal contagio, un piccolo linfonodo asintomatico, sotto mandibolare, accompagnato da una leggera febbricola e niente di più. A volte può succedere che venga somministrato un antibiotico dal pediatra, molto più spesso no ma il tutto si risolve con gli anticorpi che il bambino sviluppa e che garantiscono la guarigione. In questo caso non sappiamo perché a Daniela sia andata diversamente e come la Bartonella abbia provocato "Lesioni epatiche-pancreatiche e spleniche". La cosa importante è che l'antibiotico specifico abbia risolto il problema: Daniela sta molto meglio... e senza voler dare alcuna responsabilità ai gattini è opportuno essere con loro un pizzico più prudenti.
Vogliamo tanto ma tanto bene ai nostri fidati e affettuosi amici cani e gatti ma per quanto possibile cerchiamo di non umanizzarli...
La prossima volta, in una situazione simile a questa, chiederò al genitore: «Avete animali in casa? E in giardino?».
Buona continuazione dell'estate.