Un pediatra sul web
Il dovere di una comunità e delle autorità
Riflessioni controcorrente sulla povertà
venerdì 16 aprile 2021
10.00
Sono volate parole grosse, in queste ultime settimane, intorno alla vicenda di via Taranto. Parole grosse nella mia pasciuta comunità di Bisceglie per un caso che ha ottenuto risonanza nazionale grazie all'intervento dei media e in particolare della trasmissione televisiva "Fuori dal Coro".
Bisceglie in prima pagina: la città delle impunità e dell'arroganza. Ho seguito da spettatore incuriosito e istintivamente afflitto, ma non coinvolto in prima persona, fino a quando non sono stato "tirato per i capelli". Il cellulare ha trillato per l'ennesima volta in studio e piuttosto che ascoltare un'ulteriore voce di madre preoccupata per qualche positività al Covid chiedermi della necessità dei tamponi ai figli, sento urlare...
«Dottore! Dottore! Qui ci sono Polizia, Carabinieri, Finanza... Vogliono sbatterci fuori, il bambino piange impaurito! Vogliono sfondare la porta di casa! Aiutatemi! So che non dovevo farlo, ma dove andiamo ora a dormire, sotto il Ponte Lama?»
E poi, sempre la tv... Fra poco toccherà pure a "Le iene"... E in sottofondo male parole, urla strazianti, pianti a dirotto, sbattimento di porte...
Ho un colloquio telefonico con l'avvocato che mi racconta la storia con chiarezza e precisione, e mentre ne parla mi vengono davanti agli occhi quelli del mio piccolo paziente di cinque anni, vittima innocente di azioni scorrette dei genitori e di controreazioni inqualificabili da parte delle "autorità" a tutti i livelli: per un tetto sulla testa!
Forse ho solo sognato...
Maledetti i poveri, gli indigenti, gli ultimi, gli sfortunati, i trasgressori: tutti colpevoli! Nel corso di questi "primi" 36 anni di pediatria di famiglia ne ho dovute fare di certificazioni per sollecitare le amministrazioni comunali a prendere in carico gli ultimi: perché gli ultimi hanno bisogno - non come gli altri ma prima e più degli altri - di abitazioni salubri, di lavori stabili, di sussidi economici, di assistenza sanitaria corretta, pronta ed efficiente. Di educatori per i figli, per l'inserimento sociale, per un abbigliamento consono, per prodotti di igiene "quotidiana", di posti in prima fila nelle manifestazioni culturali, di riconoscimenti di impegno, lavoro, buona volontà. I bambini degli ultimi non hanno responsabilità per la loro condizione e se vedono il genitore deluso, scontento, frustrato, indigene, riverseranno nel resto della società il rancore e magari potranno solo delinquere.
«In galera! In galera!» sussurrano omertosi i miei concittadini.
Nessuno fiata in pubblico e sugli spazi riservati ai commenti agli articoli dei media regna il silenzio. O forse ho solo sognato...
Mio padre medico condotto, medico dei poveri, i poveri degli anni 50, i poveri di Bisceglie vecchia: bambini che vivevano in tuguri umidi e malsani, tuguri in cui la miseria e la fame si accompagnavano alla morbilità, alla tubercolosi, alla mortalità e alla disperazione.
«Girolamo, tu sei una brava persona, sei un lavoratore, sei intelligente» diceva mio padre. «Girolamo, vattene da Bisceglie: va' a Milano...» si diceva ai Girolamo, ai Mauro, ai Giovanni ai Pantaleo della città vecchia... E sono andati via in tanti, al punto che poi, nel giro di qualche anno non solo sono "diventati milanesi" ma hanno fatto così tanta fortuna lì da realizzarsi, creare lavoro per gli altri e ricevere meritate onorificenze.
«Tonio, oggi per l'ennesima volta sono stato chiamato da un politico che mi ha rimproverato perché prescrivo troppe medicine a "quelli con la tessera di povertà» disse una volta mio padre.
«Ma sono proprio loro che hanno più bisogno e si ammalano di più»
«Sì però questi poveri... E basta a prescrivere medicine, che il Comune le deve pagare...»
«Ma lo sapete dove vivono... Lì, quando vado a visitarli, c'è un tale fetore»
«Vero, dottore: ma loro sono poveri e morti di fame, io ho altro cui pensare... Basta a prescrivere medicine!»
Sono trascorsi circa 70 anni, ma al di là dei tempi, dei modi, delle occasioni, dei comportamenti individuali, alla fine siamo sempre allo stesso punto: è fin troppo facile battersi per ricchi e benestanti che, bontà loro, vanno avanti da soli. Non è forse dovere di una comunità e delle autorità prendere in cura e farsi carico degli ultimi piuttosto che sbatterli soltanto fuori di casa?
Bisceglie in prima pagina: la città delle impunità e dell'arroganza. Ho seguito da spettatore incuriosito e istintivamente afflitto, ma non coinvolto in prima persona, fino a quando non sono stato "tirato per i capelli". Il cellulare ha trillato per l'ennesima volta in studio e piuttosto che ascoltare un'ulteriore voce di madre preoccupata per qualche positività al Covid chiedermi della necessità dei tamponi ai figli, sento urlare...
«Dottore! Dottore! Qui ci sono Polizia, Carabinieri, Finanza... Vogliono sbatterci fuori, il bambino piange impaurito! Vogliono sfondare la porta di casa! Aiutatemi! So che non dovevo farlo, ma dove andiamo ora a dormire, sotto il Ponte Lama?»
E poi, sempre la tv... Fra poco toccherà pure a "Le iene"... E in sottofondo male parole, urla strazianti, pianti a dirotto, sbattimento di porte...
Ho un colloquio telefonico con l'avvocato che mi racconta la storia con chiarezza e precisione, e mentre ne parla mi vengono davanti agli occhi quelli del mio piccolo paziente di cinque anni, vittima innocente di azioni scorrette dei genitori e di controreazioni inqualificabili da parte delle "autorità" a tutti i livelli: per un tetto sulla testa!
Forse ho solo sognato...
Maledetti i poveri, gli indigenti, gli ultimi, gli sfortunati, i trasgressori: tutti colpevoli! Nel corso di questi "primi" 36 anni di pediatria di famiglia ne ho dovute fare di certificazioni per sollecitare le amministrazioni comunali a prendere in carico gli ultimi: perché gli ultimi hanno bisogno - non come gli altri ma prima e più degli altri - di abitazioni salubri, di lavori stabili, di sussidi economici, di assistenza sanitaria corretta, pronta ed efficiente. Di educatori per i figli, per l'inserimento sociale, per un abbigliamento consono, per prodotti di igiene "quotidiana", di posti in prima fila nelle manifestazioni culturali, di riconoscimenti di impegno, lavoro, buona volontà. I bambini degli ultimi non hanno responsabilità per la loro condizione e se vedono il genitore deluso, scontento, frustrato, indigene, riverseranno nel resto della società il rancore e magari potranno solo delinquere.
«In galera! In galera!» sussurrano omertosi i miei concittadini.
Nessuno fiata in pubblico e sugli spazi riservati ai commenti agli articoli dei media regna il silenzio. O forse ho solo sognato...
Mio padre medico condotto, medico dei poveri, i poveri degli anni 50, i poveri di Bisceglie vecchia: bambini che vivevano in tuguri umidi e malsani, tuguri in cui la miseria e la fame si accompagnavano alla morbilità, alla tubercolosi, alla mortalità e alla disperazione.
«Girolamo, tu sei una brava persona, sei un lavoratore, sei intelligente» diceva mio padre. «Girolamo, vattene da Bisceglie: va' a Milano...» si diceva ai Girolamo, ai Mauro, ai Giovanni ai Pantaleo della città vecchia... E sono andati via in tanti, al punto che poi, nel giro di qualche anno non solo sono "diventati milanesi" ma hanno fatto così tanta fortuna lì da realizzarsi, creare lavoro per gli altri e ricevere meritate onorificenze.
«Tonio, oggi per l'ennesima volta sono stato chiamato da un politico che mi ha rimproverato perché prescrivo troppe medicine a "quelli con la tessera di povertà» disse una volta mio padre.
«Ma sono proprio loro che hanno più bisogno e si ammalano di più»
«Sì però questi poveri... E basta a prescrivere medicine, che il Comune le deve pagare...»
«Ma lo sapete dove vivono... Lì, quando vado a visitarli, c'è un tale fetore»
«Vero, dottore: ma loro sono poveri e morti di fame, io ho altro cui pensare... Basta a prescrivere medicine!»
Sono trascorsi circa 70 anni, ma al di là dei tempi, dei modi, delle occasioni, dei comportamenti individuali, alla fine siamo sempre allo stesso punto: è fin troppo facile battersi per ricchi e benestanti che, bontà loro, vanno avanti da soli. Non è forse dovere di una comunità e delle autorità prendere in cura e farsi carico degli ultimi piuttosto che sbatterli soltanto fuori di casa?