L'ospedale Bonomo di Andria
L'ospedale Bonomo di Andria
Un pediatra sul web

Il mio primario

Rubrica a cura del dottor Antonio Marzano - Ex pediatra di famiglia

La telefonata del collega amico dott. Mimmo Paternostro arrivò nei primi giorni di aprile di questo 2024. Avevo lasciato lo studio di pediatra di famiglia in via Lamaveta dopo 38 anni, a fine maggio del 2023 ed ero entrato nel mese di giugno nella Sanità Privata, con l'incarico di Gettonista.

Il rapido ed inaspettato passaggio in questo nuovo ruolo professionale, si era accompagnato, da una parte ad una curiosità e ad un entusiasmo del tutto nuovi, ma dall'altro ad una legittima preoccupazione di non essere preparato per la figura di pediatra ospedaliero e quindi di neonatologo. Eppure con prudenza ed umiltà e molta volontà, tempo poche settimane iniziai a fare i primi passi in questo mondo. Quando: «Ciao Tonio, sono Mimmo, come stai?»
«Ciao Mimmo, bene bene. Sono uscito dallo studio di via Lamaveta»
«E si lo so che sei uscito, ma correggimi se sbaglio, mi sembra che tu non sia uscito dalla professione»

Ero quasi intimorito da queste prime parole di Mimmo quando subito dopo aggiunge: «Vedo che ti sei messo la strada sotto le ruote della macchina e te ne vai girando in molti ospedali d'Italia...» ingoiai un sorso d'acqua che avevo a portata di mano. «Che ne diresti piuttosto di venire ad Andria a darmi una mano? Ho bisogno di un amico pediatra come te, esperto, vivace, ottimista, per coprire i turni di guardia notturni in pediatria. Ho bisogno di te, devi starmi accanto»

Ero frastornato, compiaciuto e preoccupato dall'invito del Primario.
«Va bene - gli risposi -, fammi mettere in pausa il mio ruolo di gettonista e ti faccio sapere»
«Grazie -mi risponde Mimmo -. Qui il tuo ruolo sarà di Dirigente Medico»
«Mimmo – rispondo -. Ma che dici? Io potrò rivestire tuttalpiù il ruolo di "carne aggiunta"»
«Ma no - disse Mimmo -. Non dire fesserie»


Martedì 13 agosto il caro collega Michele Di Noia, mi ha affidato il turno notturno dalle 20 alle 8.

Arrivo come al solito, con non meno di mezz'ora di anticipo in ospedale, parcheggio la mia Mash 400 e con l'ascensore raggiungo il terzo piano. La collega Nunzia Leonetti fin dal primo giorno, mi ha consegnato la chiave della stanza del medico di guardia, sistemo lo zaino e il casco sulla sedia e dopo essermi servito di una bottiglia di acqua rigorosamente frizzante mi accomodo in sala d'attesa e la partita a scacchi sul cellulare mi serve per distrarmi.

Non posso tradire, a distanza di ormai quattro mesi, il mio nervosismo. Qui in ospedale le cose vanno in maniera molto ma molto diversa dallo studio.

Sono quasi le venti quando Michele e la collega Angela Zicolella mi raggiungono dal quarto piano dove c'è il reparto di pediatria, la medicheria, il reparto di ostetrica e le sale parto.

«Ciao Tonio, c'è solo una ragazzina ricoverata per una infezione delle vie urinarie e basta. C'è anche una pancia. Nient'altro»
«Ciao»
«Buon lavoro»
Ci salutiamo affettuosamente.

"Nient'altro". eppure, così come, quando mia moglie mi saluta con l'espressione "buona notte", puntualmente la notte, scorre non proprio buona.
Il tempo di indossare la divisa e il telefono squilla in camera: sono le ore 20:15.


«Dottore sono Francesca dal triage...»
«Va bene – dico – per favore, foglio di consulenza cartaceo e visita al quarto piano»

Le infermiere Maria Casucci e Luisa Ferrara, mi aspettano, ci salutiamo e
«Dottore, la bambina sono due giorni che ha febbre alta; è stata già visitata dal suo pediatra, le sto somministrando la tachipirina ma niente»

Le infermiere le prendono la temperatura, visito la bambina, l'aspetto è sofferente, lamenta dolore addominale, per il resto l'esame obiettivo è nella norma. Lo sguardo attento dell'infermiera mi raggiunge. Solleva le sopracciglia e dico: «Sì, facciamo un esame urine»

"Brava" penso.

Lo stik mostra 4 + di sangue, proteineinuria e ph 7.


«Signora la devo ricoverare sua figlia. Ha una infezione delle vie urinarie»

Sono le 21 quando arrivano per il cambio Rosanna Patruno e Diomira Mansi. Due ottime infermiere e collaboratrici. «Dottore buonasera. Sta salendo una consulenza»

La lattantina nelle braccia della madre in lacrime ed accompagnata dal padre teso e dal nonno esagitato è calda, molto calda. Temperatura rilevata 41. Le infermiere le vedo un po' tese.

«Dalle subito 5 ml di Nurofen e metti la supposta di tachipirina da 250. Fatele spugnature con l'alcool sul petto e sulle spalle, un panno bagnato sulla fronte. Esame clinico negativo. La dobbiamo far sfebbrare»

Trascorre mezz'ora: temperatura 41. La mia espressione trasmette sicurezza: «Continuiamo cosi! A distanza di 15 minuti un altro cucchiaino di nurofen»

L'infermiera mi dice che è arrivata un'altra consulenza. «Accomodatevi in sala d' attesa e lei signora continui con le spugnature»

«Buona sera dottore» È passata da poco la mezzanotte. «La bambina da ieri ha mal di pancia»
Arriva la caposala l'infermiera Pasqua Dibisceglie. Ci salutiamo con lo sguardo. Il tempo di mettere la mano sull' addome che la piccola lancia un urlo.
«Mi fa male»
«Qui?» e palpo più profondamente. L'infermiere del pronto soccorso mi fa vedere la conta dei bianchi.

«Signora la bambina ha tutti i sintomi della appendicite acuta»

Le infermiere chiamano il pronto soccorso mentre dico: «Deve essere trasferita in ambulanza alla chirurgia pediatrica dell'ospedaletto».
«Me la vedo io dottore» mi fa l'infermiere del pronto soccorso.

«Per favore andate a misurare la temperatura»

39 e mezzo
«Dì di continuare a fare le spugnature di alcool»

Intanto sono le 1 e 30 del 14 agosto. Mi siedo ad un trespolo di sedia, mentre la mamma della bambina ricoverata mi dice che la figlia la sente calda. Mentre l'infermiera Patruno raggiunge la bambina per la temperatura e la febbricitante continua a piangere da due ore, vedo la collega Ostetrica Gabriella Balzano che passa davanti alla medicheria.

Squilla il telefono e l'infermiera mi riferisce che devo andare giù in pronto soccorso perché il bambino non respira bene e la mamma è risultata positiva al Covid. Mi lavo le mani metto la mascherina e scendo in pronto soccorso.

Inutile dire che è un precipizio! L'infermiera del pronto soccorso mi scorta dal piccolo. Visito il bambino. Ha solo una bronchitella e lo rimando a casa con la solita terapia. Osservo il colore degli occhi della infermiera: azzurri, i suoi capelli biondi, le abbasso delicatamente la mascherina: bellissima. A questo punto raggiungo il collega del pronto soccorso e gli dico: «Collega dovresti prestarmela la tua collaboratrice. Non essere geloso»

Lui si alza e mi invita bonariamente ad allontanarmi. A questo punto sorridendo gli dico: «Ho capito, sei geloso» mentre la tenera infermiera arrossisce per pudore.

Risalgo sono le 2 e 20. La bambina si è sfebbrata da 41 a 37,3. I genitori salutano ringraziano e il nonno mi vuole offrire una pizza.
«Grazie – rispondo -. State bene»

Mi allontano per prendere una bottiglia d' acqua quando mi raggiunge l'infermiera: «C'è una consulenza dottore»

Guardo l'orologio, sono quasi le tre.

Una giovane mamma con il figlio entra in sala visita. L' infermiera guarda la mamma e mentre vedo che il bambino ha un tratto autistico, la madre mi dice: «Sì, dottore è autistico non verbale»
«Ma lei - dice l'infermiera - non è italiana»
«Sono russa, sono di Mosca e sono nata in un paese lontano vicino alla Cina»

Il bambino non parla, non collabora, si difende, non vuole farsi visitare. Il mio digiuno si fa sentire. L' acqua frizzante e i golia alla menta mi aiutano. La signora russa parla un italiano perfetto, è serena, riesco a visitare il figlio, prescrivo la terapia per una faringite e guadagnano l'uscita.

Mentre escono accompagnati dalla infermiera ecco che sento un tramestio. «Buona sera» mi fa la giovane mamma. Il bambino non respira diventa viola.

Non respira. Arriva il padre. La coppia italo-tedesca ha un bambino di 4 mesi. Visito il lattante: niente.

«Ma…» dico.
«Sì, dottore - mi fa una delle infermiere - ha fatto fuori per pochi secondi».
E l'infermiera continua: «Il lattantino mentre era in braccio alla madre ha avuto uno scatto delle braccia che si sono irrigidite, lo sguardo è diventato assente e non ci guardava più»
«Sì - dice la mamma - lo ha fatto quattro volte da questa mattina e cosi ieri. Lo aveva fatto anche in Germania dove abitiamo, ma i dottori tedeschi non hanno capito di cosa possa trattarsi»
«La cosa si fa complicata – dico -. C'è da fare indagini cardiologiche e neurologiche ma non qui a Bari»
I genitori si consultano parlando in tedesco. Poi la madre mi fa: «Dottore ho altri due figli da mia madre qui. Non posso andare a Bari. Abbiamo deciso di firmare e andare via. Domani torniamo in Germania»
«Va bene» dico.

Il tempo di tracannare due sorsi d'acqua e due golia alla menta che entra una mamma con la figlia. La guardo. «Sì, dottore ha lo spettro autistico»

Ha la febbre: la visito non senza difficoltà e la rimando a casa con la diagnosi e terapia per un herpes angina.


Silenzio. Vado giù sono quasi le 4. Il tempo di sdraiarmi, squilla il telefono: «Dottore in sala parto»


Con l'assistenza precisa e paziente dell'ostetrica, la supervisione del medico ostetrico e della anestesista dopo un travaglio impegnativo nasce da parto spontaneo Giuseppe. La mia infermiera lo pone nell'isola neonatale, si opera attentamente e meticolosamente la giusta procedura e poi andiamo al nido, non senza le lacrime della mamma le foto del padre e la gioia dei parenti. Lo rivisto, faccio la cartella cartacea e si sono fatte le 5 e mezza.

Vado a letto e mi addormento.

Sono le 11 del 14 agosto quando il mio primario Mimmo Paternostro mi scrive augurandomi un buon ferragosto.

"Grazie" gli scrivo. "Anche a te e alla tua famiglia. Ho avuto una nottata effervescente"
"Si lo so. Grazie" mi scrive
"Grazie a te per questa terza vita professionale che mi hai riservato. Nulla a che vedere con lo studio di via Lamaveta!"
"Lo so molto bene. Ciao"
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