Un pediatra sul web
L'insonnia e il suo legame con l'infanzia
Rubrica di pediatria a cura del dottor Antonio Marzano - pediatra di famiglia
sabato 5 ottobre 2019
12.47
Tra le varie problematiche che ogni giorno fanno capolino nello studio pediatrico, oggi ,sempre alla luce di quelli che sono gli accessi in ambulatorio e la reale difficoltà di dare al genitore una corretta spiegazione alle sue domande, una diagnosi certa, e una terapia adeguata, mi sono imbattuto in un articolo, uno studio, del quale voglio rendere partecipi gli attenti lettori di Bisceglieviva.
Partiamo da un'osservazione che tutti possiamo fare e di cui tutti siamo consapevoli: l'insonnia è un disturbo molto comune tra gli adulti, che riguarda sia il sesso femminile che quello maschile. A causa di questo sintomo il consumo delle benzidiazepine, cioè del farmaco che induce il sonno e ci garantisce un riposo senza risvegli, è molto elevato.
Lo studio è stato svolto dai ricercatori dell'Adelaide institute for sleep, guidati da Yohannes Adama Melaku.
Hanno seguito 8050 persone per più di quarant'anni, valutandone i problemi comportamentali all'età di 5, 10 e 16 anni e somministrando questionari sul sonno quando hanno compiuto 42 anni.
Nel complesso, il 78% dei bimbi dell'epoca aveva un comportamento normale all'età di 5 anni, mentre il 13% presentava problemi comportamentali di grado moderato e il 4% di grado grave.
I piccoli con gravi problemi a livello comportamentale avevano il 39% in più delle possibilità di soffrire di insonnia da adulti rispetto a quelli con un comportamento normale.
«Il legame tra comportamento da bambini e insonnia da adulti potrebbe essere in parte spiegato da problemi di sonno durante l'infanzia» ha osservato Yohannes Adama Melaku, autore principale dello studio. «Trattare i problemi comportamentali e di sonno durante l'infanzia potrebbe ridurre il rischio di insonnia in età adulta».
Il campione valutato da Melaku e colleghi è parte di uno studio a lungo termine, tuttora in corso, su un gruppo di bambini nati in Gran Bretagna nel 1970.
Durante l'infanzia e l'adolescenza, i ricercatori hanno chiesto ai genitori di giudicare quanto spesso i bambini mostrassero gravi comportamenti che potevano combinarsi a problemi di comunicazione, come essere irrequieti, distruggere o danneggiare cose, litigare con altri bimbi, non piacere agli altri bimbi, preoccuparsi di tante cose, essere solitari, essere timorosi o ansiosi, non andare a scuola, essere agitati di fronte a situazioni nuove o essere vittime o perpetratori di bullismo.
Per valutare i sintomi dell'insonnia durante l'infanzia, i ricercatori hanno chiesto ai genitori quanto spesso i figli avessero difficoltà ad addormentarsi entro 30 minuti dal coricamento, avessero difficoltà a prendere sonno o a restare addormentati e quanti si sentissero non riposati quando si svegliavano la mattina.
Da adulti, i partecipanti con problemi di sonno da moderati a gravi durante l'infanzia avevano il 40% in più delle probabilità di soffrire di insonnia rispetto a quelli che non avevano conosciuto tali problemi da bambini.
Chi a 5 anni aveva problemi a dormire ma successivamente entro i 16 anni aveva sviluppato problemi di sonno da moderati a gravi aveva il 34% in più delle possibilità di manifestare insonnia in età adulta. Dopo l'aggiustamento per altri fattori che avrebbero potuto influenzare il rischio, i ricercatori hanno stimato che circa il 16% dell'associazione tra problemi comportamentali durante l'infanzia e insonnia in età adulta poteva essere spiegata da difficoltà a dormire quando i soggetti avevano 5 anni.
Tuttavia, avvertono gli autori, la natura esatta di tale connessione non è ancora chiara e ricerche.
«Comprendere come i problemi comportamentali da bambini possono causare disturbi del sonno da adulti dipende davvero dai motivi alla base di tali problemi» ha affermato Kelly Sullivan, ricercatrice alla Georgia Southern University non coinvolta nello studio. «Alcuni problemi comportamentali infantili sono causati da esperienze negative e stress,che è stato dimostrato sono in grado di trasformale biologicamente il cervello e influire su salute,apprendimento e comportamento. Altri bambini hanno patologie soggiacenti che potrebbero compromettere lo sviluppo dell'autocontrollo».
Il cervello rimane ancora un organo da studiare e da esplorare, e ringraziamo chi si occupa nel mondo di tali studi la cui ricaduta positiva è nella pratica clinica quotidiana dei medici.
Partiamo da un'osservazione che tutti possiamo fare e di cui tutti siamo consapevoli: l'insonnia è un disturbo molto comune tra gli adulti, che riguarda sia il sesso femminile che quello maschile. A causa di questo sintomo il consumo delle benzidiazepine, cioè del farmaco che induce il sonno e ci garantisce un riposo senza risvegli, è molto elevato.
Lo studio è stato svolto dai ricercatori dell'Adelaide institute for sleep, guidati da Yohannes Adama Melaku.
Hanno seguito 8050 persone per più di quarant'anni, valutandone i problemi comportamentali all'età di 5, 10 e 16 anni e somministrando questionari sul sonno quando hanno compiuto 42 anni.
Nel complesso, il 78% dei bimbi dell'epoca aveva un comportamento normale all'età di 5 anni, mentre il 13% presentava problemi comportamentali di grado moderato e il 4% di grado grave.
I piccoli con gravi problemi a livello comportamentale avevano il 39% in più delle possibilità di soffrire di insonnia da adulti rispetto a quelli con un comportamento normale.
«Il legame tra comportamento da bambini e insonnia da adulti potrebbe essere in parte spiegato da problemi di sonno durante l'infanzia» ha osservato Yohannes Adama Melaku, autore principale dello studio. «Trattare i problemi comportamentali e di sonno durante l'infanzia potrebbe ridurre il rischio di insonnia in età adulta».
Il campione valutato da Melaku e colleghi è parte di uno studio a lungo termine, tuttora in corso, su un gruppo di bambini nati in Gran Bretagna nel 1970.
Durante l'infanzia e l'adolescenza, i ricercatori hanno chiesto ai genitori di giudicare quanto spesso i bambini mostrassero gravi comportamenti che potevano combinarsi a problemi di comunicazione, come essere irrequieti, distruggere o danneggiare cose, litigare con altri bimbi, non piacere agli altri bimbi, preoccuparsi di tante cose, essere solitari, essere timorosi o ansiosi, non andare a scuola, essere agitati di fronte a situazioni nuove o essere vittime o perpetratori di bullismo.
Per valutare i sintomi dell'insonnia durante l'infanzia, i ricercatori hanno chiesto ai genitori quanto spesso i figli avessero difficoltà ad addormentarsi entro 30 minuti dal coricamento, avessero difficoltà a prendere sonno o a restare addormentati e quanti si sentissero non riposati quando si svegliavano la mattina.
Da adulti, i partecipanti con problemi di sonno da moderati a gravi durante l'infanzia avevano il 40% in più delle probabilità di soffrire di insonnia rispetto a quelli che non avevano conosciuto tali problemi da bambini.
Chi a 5 anni aveva problemi a dormire ma successivamente entro i 16 anni aveva sviluppato problemi di sonno da moderati a gravi aveva il 34% in più delle possibilità di manifestare insonnia in età adulta. Dopo l'aggiustamento per altri fattori che avrebbero potuto influenzare il rischio, i ricercatori hanno stimato che circa il 16% dell'associazione tra problemi comportamentali durante l'infanzia e insonnia in età adulta poteva essere spiegata da difficoltà a dormire quando i soggetti avevano 5 anni.
Tuttavia, avvertono gli autori, la natura esatta di tale connessione non è ancora chiara e ricerche.
«Comprendere come i problemi comportamentali da bambini possono causare disturbi del sonno da adulti dipende davvero dai motivi alla base di tali problemi» ha affermato Kelly Sullivan, ricercatrice alla Georgia Southern University non coinvolta nello studio. «Alcuni problemi comportamentali infantili sono causati da esperienze negative e stress,che è stato dimostrato sono in grado di trasformale biologicamente il cervello e influire su salute,apprendimento e comportamento. Altri bambini hanno patologie soggiacenti che potrebbero compromettere lo sviluppo dell'autocontrollo».
Il cervello rimane ancora un organo da studiare e da esplorare, e ringraziamo chi si occupa nel mondo di tali studi la cui ricaduta positiva è nella pratica clinica quotidiana dei medici.