Un pediatra sul web
L'ultimo baluardo
L'edicolante, unico riferimento tra la vita e il nulla
giovedì 26 marzo 2020
Lunedì sera, nell'abbassare la saracinesca dello studio in via Lamaveta, mi sono sentito avvolto da un silenzio tombale e da un buio spettrale.
Una leggera tensione è affiorata lungo la schiena e mentre le mani erano percorse da un leggero tremito, mi sono compiaciuto di quanto la paura della malattia possa assurgere a monito di obbedienza da parte della cittadinanza. Aggiungerei: la malattia, la consapevolezza della sua gravità, la difficoltà intrinseca della terapia e la tragica possibilità di venirne fuori sconfitti.
Sono così salito a bordo dell'auto e nel percorrere le strade che mi separano da casa, in via Luigi di Molfetta, mi sono accorto che era proprio tutto chiuso: tutto chiuso, anche quella farmacia che da sempre è un mio punto di riferimento. Terribile.
Martedì mattina, con circospezione, alle 7:30 sono risalito sulla mia Eos e nel ripercorrere la statale 16 adriatica ho ritrovato la città, sia pure illuminata dal sole di levante, che mi penetrava nelle cornee, muta, vuota: tutto chiuso, tutto fermo, tranne i primi coraggiosi avventori del supermercato e del panificio. Ma il coprifuoco del centro, che ho voluto e dovuto documentare, era assoluto.
Eppure, in questo oblio totale, appena parcheggiato, il cuore ha subìto un'extra sistole... Le giostrine erano già in bella vista, la porta di legno antico spalancata e poi l'ho visto... Pasquale, l'ultimo baluardo della comunicazione e dell'informazione, era lì presente come unico superstite di una comunità sconfitta.
Pasquale mi ha salutato e io mai, come in questo giorno, l'ho ringraziato della sua affettuosa presenza e preso da un irrefrenabile desiderio di gratitudine nei suoi riguardi ho acquistato due quotidiani e un libro.
Pasquale sii forte, sii fiero del tuo servizio che quotidianamente mi garantisci; resisti, tu almeno per me sei l'ultimo baluardo tra la vita e il nulla. Posso fare a meno di un pasto caldo, ma non potrei vivere senza un giornale e il tuo saluto.
Una leggera tensione è affiorata lungo la schiena e mentre le mani erano percorse da un leggero tremito, mi sono compiaciuto di quanto la paura della malattia possa assurgere a monito di obbedienza da parte della cittadinanza. Aggiungerei: la malattia, la consapevolezza della sua gravità, la difficoltà intrinseca della terapia e la tragica possibilità di venirne fuori sconfitti.
Sono così salito a bordo dell'auto e nel percorrere le strade che mi separano da casa, in via Luigi di Molfetta, mi sono accorto che era proprio tutto chiuso: tutto chiuso, anche quella farmacia che da sempre è un mio punto di riferimento. Terribile.
Martedì mattina, con circospezione, alle 7:30 sono risalito sulla mia Eos e nel ripercorrere la statale 16 adriatica ho ritrovato la città, sia pure illuminata dal sole di levante, che mi penetrava nelle cornee, muta, vuota: tutto chiuso, tutto fermo, tranne i primi coraggiosi avventori del supermercato e del panificio. Ma il coprifuoco del centro, che ho voluto e dovuto documentare, era assoluto.
Eppure, in questo oblio totale, appena parcheggiato, il cuore ha subìto un'extra sistole... Le giostrine erano già in bella vista, la porta di legno antico spalancata e poi l'ho visto... Pasquale, l'ultimo baluardo della comunicazione e dell'informazione, era lì presente come unico superstite di una comunità sconfitta.
Pasquale mi ha salutato e io mai, come in questo giorno, l'ho ringraziato della sua affettuosa presenza e preso da un irrefrenabile desiderio di gratitudine nei suoi riguardi ho acquistato due quotidiani e un libro.
Pasquale sii forte, sii fiero del tuo servizio che quotidianamente mi garantisci; resisti, tu almeno per me sei l'ultimo baluardo tra la vita e il nulla. Posso fare a meno di un pasto caldo, ma non potrei vivere senza un giornale e il tuo saluto.