Un pediatra sul web
Non sono sempre e solo dolori di pancia
Rubrica a cura del dottor Antonio Marzano - Ex pediatra di famiglia
lunedì 28 ottobre 2024
Aspetto lo squillo del telefono. Di tanto in tanto apro gli occhi, e il display dell'orologio digitale mi indica: ore 2:45. Tutto tace.
Richiudo gli occhi, senza addormentarmi, vigile come chi attende una ramanzina. Trascorrono altri minuti e, quando un sogno inizia ad affiorare, lo squillo del telefono mi fa sobbalzare. Sono le 3:18. Evvai! Sì!
«Dottore, sono Massimo dal triage. Ho un bambino, anzi, un adolescente, che riferisce un forte dolore addominale e ha anche vomitato per il dolore. Posso mandarlo su? Sospetto un'appendicite acuta.»
«Sì, Massimo, con la richiesta cartacea al terzo piano.»
«Ok, grazie.»
«Grazie a te.»
Il tempo di inforcare gli occhiali e prendere il fonendo, e sono fuori. Non mi faccio mai aspettare da chi arriva in consulenza; piuttosto, sono io nella sala visite ad attendere. Però, se si trattasse davvero di appendicite, ci sarebbero gli estremi per una consulenza chirurgica o magari per un trasferimento in chirurgia pediatrica.
«Rosa, scusami, vieni in visita con me; credo di aver bisogno di te». Rosa è l'infermiera di notte: brava, precisa, calma, esperta.
Mentre aspetto che arrivi, ecco che si materializza su una carrozzina un ragazzino accompagnato dall'infermiera del pronto soccorso, con la madre alla sua destra. Lo guardo fisso negli occhi: eppure non ha la "faccia" dell'appendicite. «Riesci a camminare? Hai dolore? Forte?»
Il ragazzino annuisce, ma poi gli prendo il braccio destro, lo sollevo e lui si alza dalla sedia, seguendomi in sala visita. Lo osservo di nuovo mentre, con difficoltà, sale sul lettino: ha un atteggiamento di difesa.
«Come ti chiami?»
«Ruggero»
«Sdraiati… devo metterti una mano sulla pancia». Ha un'espressione di difesa, non vuole sollevare la maglietta.
«Ruggero, ma se non ti visito, dimmi tu, come posso aiutarti?»
La mamma rimane in silenzio; poi, mentre Rosa si affaccia in sala, Ruggero supera quella che mi era sembrata diffidenza e si lascia palpare l'addome.
I miei movimenti vengono seguiti dallo sguardo attento di Rosa. Prima la palpazione superficiale, poi quella profonda su tutti i quadranti addominali. Il dolore sul viso di Ruggero non sembra aumentare con la palpazione. Mi ritorna la prima impressione: non ha la "faccia" dell'appendicite.
Provo a sollevare l'elastico delle mutande e Ruggero fa una smorfia. Allora penso che non sia diffidenza, ma pudore. Rosa capisce subito e si gira dandogli le spalle; anche l'infermiera del pronto soccorso, sebbene a un metro di distanza, si gira, e la madre si sente a sua volta in imbarazzo. Guardo Ruggero, che mi ringrazia con uno sguardo supplichevole, e lui stesso abbassa le mutande.
Mi trovo di fronte a uno scroto destro acuto con notevole edema, idrocele e un colorito violaceo. Ruggero spalanca gli occhi in segno di aiuto. Palpo con delicatezza il testicolo, ma il dolore è intenso. Non sembra un'ernia inguino-scrotale né una torsione del funicolo, poiché i testicoli sono in sede e non sono risaliti. Sembra piuttosto una orchiepididimite acuta o un varicocele acuto e severo.
«Rosa… che facciamo? Qui serve un'ecografia testicolare urgente e una consulenza chirurgica. Che dici, sono le quattro di notte.»
«Dottore, faccia la richiesta urgente per l'ecografista e il chirurgo; il ragazzo sarà riaccompagnato in pronto soccorso.»
«Sì, Rosa, è sicuramente un'emergenza chirurgica.»
Così Ruggero viene riposizionato sulla sedia a rotelle, mentre la madre mi ringrazia per la rapidità della visita e per il sospetto diagnostico.
Al mattino vengo a sapere che Ruggero è stato trasferito in ambulanza in chirurgia pediatrica.
Richiudo gli occhi, senza addormentarmi, vigile come chi attende una ramanzina. Trascorrono altri minuti e, quando un sogno inizia ad affiorare, lo squillo del telefono mi fa sobbalzare. Sono le 3:18. Evvai! Sì!
«Dottore, sono Massimo dal triage. Ho un bambino, anzi, un adolescente, che riferisce un forte dolore addominale e ha anche vomitato per il dolore. Posso mandarlo su? Sospetto un'appendicite acuta.»
«Sì, Massimo, con la richiesta cartacea al terzo piano.»
«Ok, grazie.»
«Grazie a te.»
Il tempo di inforcare gli occhiali e prendere il fonendo, e sono fuori. Non mi faccio mai aspettare da chi arriva in consulenza; piuttosto, sono io nella sala visite ad attendere. Però, se si trattasse davvero di appendicite, ci sarebbero gli estremi per una consulenza chirurgica o magari per un trasferimento in chirurgia pediatrica.
«Rosa, scusami, vieni in visita con me; credo di aver bisogno di te». Rosa è l'infermiera di notte: brava, precisa, calma, esperta.
Mentre aspetto che arrivi, ecco che si materializza su una carrozzina un ragazzino accompagnato dall'infermiera del pronto soccorso, con la madre alla sua destra. Lo guardo fisso negli occhi: eppure non ha la "faccia" dell'appendicite. «Riesci a camminare? Hai dolore? Forte?»
Il ragazzino annuisce, ma poi gli prendo il braccio destro, lo sollevo e lui si alza dalla sedia, seguendomi in sala visita. Lo osservo di nuovo mentre, con difficoltà, sale sul lettino: ha un atteggiamento di difesa.
«Come ti chiami?»
«Ruggero»
«Sdraiati… devo metterti una mano sulla pancia». Ha un'espressione di difesa, non vuole sollevare la maglietta.
«Ruggero, ma se non ti visito, dimmi tu, come posso aiutarti?»
La mamma rimane in silenzio; poi, mentre Rosa si affaccia in sala, Ruggero supera quella che mi era sembrata diffidenza e si lascia palpare l'addome.
I miei movimenti vengono seguiti dallo sguardo attento di Rosa. Prima la palpazione superficiale, poi quella profonda su tutti i quadranti addominali. Il dolore sul viso di Ruggero non sembra aumentare con la palpazione. Mi ritorna la prima impressione: non ha la "faccia" dell'appendicite.
Provo a sollevare l'elastico delle mutande e Ruggero fa una smorfia. Allora penso che non sia diffidenza, ma pudore. Rosa capisce subito e si gira dandogli le spalle; anche l'infermiera del pronto soccorso, sebbene a un metro di distanza, si gira, e la madre si sente a sua volta in imbarazzo. Guardo Ruggero, che mi ringrazia con uno sguardo supplichevole, e lui stesso abbassa le mutande.
Mi trovo di fronte a uno scroto destro acuto con notevole edema, idrocele e un colorito violaceo. Ruggero spalanca gli occhi in segno di aiuto. Palpo con delicatezza il testicolo, ma il dolore è intenso. Non sembra un'ernia inguino-scrotale né una torsione del funicolo, poiché i testicoli sono in sede e non sono risaliti. Sembra piuttosto una orchiepididimite acuta o un varicocele acuto e severo.
«Rosa… che facciamo? Qui serve un'ecografia testicolare urgente e una consulenza chirurgica. Che dici, sono le quattro di notte.»
«Dottore, faccia la richiesta urgente per l'ecografista e il chirurgo; il ragazzo sarà riaccompagnato in pronto soccorso.»
«Sì, Rosa, è sicuramente un'emergenza chirurgica.»
Così Ruggero viene riposizionato sulla sedia a rotelle, mentre la madre mi ringrazia per la rapidità della visita e per il sospetto diagnostico.
Al mattino vengo a sapere che Ruggero è stato trasferito in ambulanza in chirurgia pediatrica.