Il cimitero dei soldati canadesi a Ortona
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Un pediatra sul web

Ortona, la piccola Stalingrado: una battaglia dimenticata

Rubrica a cura di Antonio Marzano - ex pediatra di famiglia

Non più di un mese fa, mi sono imbattuto in tv in una storia di cui ignoravo del tutto l'esistenza.
Una storia che comunque mi ha riportato alla mente vecchi racconti sepolti sotto la cenere ormai fredda dell'oblio, ma che su di me al solo spolverarla ha la capacità di suscitare - chiamiamola così solo per eufemismo - una forte emozione.

Oltre quindici anni fa, in occasione della pubblicazione del libro "Arrivano i nostri" di Alfio Caruso, e della lettura tutta d'un fiato di questo libro, ebbi l'idea di invitare lo scrittore catanese allo Sporting Club di Bisceglie, per presentare il suo libro. Pensai di condividere questo sentimento di appartenenza e di gratitudine verso gli Alleati con i miei concittadini.
Con la collaborazione dell'allora presidente Maurizio Bruni, riuscii ad ospitare lo scrittore che parlò ampiamente e con molta energia dello sbarco degli americani in Sicilia nel giugno del 1943 e di ciò che ne seguì. Credo che riuscì a vendere due copie del libro. E nonostante la grande preparazione storica dell'autore non ricordo di aver letto, nel suo dettagliato resoconto, della Battaglia di Ortona, la piccola Stalingrado d'Italia.

Chi tra gli attenti lettori di Bisceglieviva, non essendo a conoscenza di questa terribile battaglia, volesse documentarsi di certo troverà su google tutto descritto molto dettagliatamente. E potrà farsi un'idea di questa carneficina avvenuta durante i giorni di Natale del 1943.

Noi pugliesi ormai ci eravamo liberati del nemico che occupava la nostra amata terra (i tedeschi) e già consumavamo felici e contenti cioccolato americano, gomme da masticare e fumavamo sigarette di oltre oceano. I tedeschi, con la coda tra le gambe, risalivano la penisola sul versante adriatico per raggiungere la prima linea fortificata di sbarramento chiamata da Hitler linea Gustav, al comando del Maresciallo Kesserling.

La città da cui partiva la linea Gustav sull'Adriatico era proprio Ortona. E fu proprio lì che i tedeschi attesero gli Alleati. Ma come ben sapete erano gli inglesi che risalivano sul versante adriatico sotto il comando del generale Montgomery, mentre sul versante tirrenico erano gli americani a risalire sotto il comando del generale Clarke. La rivalità tra i due era enorme ed il prestigio e l'onore di raggiungere per primo la Città Eterna, era nella forte ambizione di entrambi. Montgomery decise di mandare avanti i soldati delle "colonie", cioè neozelandesi, indiani, australiani e soprattutto canadesi, per conquistare la città di Ortona e una volta occupata, tagliare attraverso la via Tiburtina e raggiungere Roma per primo con i suoi soldati inglesi.

Questo proposito tuttavia non teneva conto degli ordini di Hitler, il quale ordinò che Ortona doveva essere difesa fino all'ultimo uomo. I tedeschi fecero tesoro della sconfitta di Stalingrado, città in cui combatterono contro i russi tra le rovine che avevano bombardato e che in quanto tale si rivelò per loro una trappola infernale e dopo aver avvisato la popolazione di Ortona di abbandonare le case, le fecero saltare in aria rendendo la città una inferno di macerie fumanti. Ed è proprio in quelle macerie che circa 1500 canadesi morirono per mano dei tedeschi: sì, per mano, perché si arrivò all'arma bianca, e il tutto si svolse nei giorni tra Natale 1943 e primi dell'anno 1944.

Una battaglia del tutto inutile, giustificata dalla sola ambizione di Montgomery, cui i tedeschi di Kesserling negarono la soddisfazione di raggiungere per primo Roma. Mi fermo qui: a ciascuno le proprie considerazioni...

Dopo la visita del cimitero, tenuto in modo esemplare dal governo canadese, mi sia permesso un consiglio enogastronomico: andate a mangiare "da Mario".

P. S. Mario mi ha raccontato che durante la battaglia un solo tedesco dal campanile tenne in scacco i canadesi per oltre due giorni.
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Rubrica di pediatria a cura del dottor Antonio Marzano - pediatra di famiglia

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