
Calcio
Bisceglie, un’altra corsa interrotta: programmazione sbagliata, orgoglio tardivo
Si può anche correre più forte di tutti. Ma se parti zoppicando, arrivi comunque tardi
Bisceglie - lunedì 28 aprile 2025
15.43
Sarà ancora Eccellenza per il Bisceglie. A fermare i sogni nerazzurri questa volta è stata la Polimnia, nella sfida playoff che ha sancito la fine di una stagione vissuta a due velocità, tra illusioni e rimpianti. L'analisi, inevitabilmente, deve partire da una domanda: quanto ha pesato una programmazione sbagliata? La partenza disastrosa – appena 27 punti in 19 partite, con ben otto sconfitte – è stata la logica conseguenza di scelte estive rivelatesi inadatte.
Il primo segnale è arrivato con l'esonero precoce di Scaringella a settembre, dopo sole tre gare di campionato e l'eliminazione immediata dalla Coppa Italia. Non è andata meglio con Loseto: il suo bilancio (6 sconfitte, 5 vittorie e 2 pareggi) non ha invertito la rotta, anzi ha consolidato l'impressione di una squadra costruita senza una precisa idea tecnica.
La svolta, come spesso accade, è arrivata grazie a un ritorno: quello di Pino Di Meo, già protagonista nella scorsa stagione di una straordinaria rincorsa, culminata nella finale persa contro il Costa d'Amalfi. Anche quest'anno il tecnico ha compiuto un piccolo miracolo: 38 punti nel girone di ritorno, con 14 vittorie e solo 3 sconfitte in 22 partite. Numeri da capolista che hanno restituito al Bisceglie dignità, entusiasmo e competitività.
Eppure, non è bastato. Nonostante il passo da schiacciasassi nei mesi finali, il peso delle incertezze iniziali si è fatto sentire, rendendo la rincorsa una missione disperata. E ora bisogna chiedersi: si poteva agire prima? Perché è stato necessario toccare il fondo prima di affidarsi nuovamente a chi, già l'anno scorso, aveva dimostrato di saper plasmare questo gruppo?
La risposta, forse, sta proprio nella gestione di una stagione nata male e salvata solo in extremis dall'orgoglio e dalla qualità del lavoro di Di Meo. Ma il tempo, a questi livelli, è una risorsa che non si può sprecare.
Il vero limite del Bisceglie non è stato cadere nei playoff, ma essere partito zoppicando in una corsa che non ammetteva ritardi. Quando rincorri per mesi gli errori di programmazione, anche il miglior sprint finale rischia di essere inutile. Si può salvare una stagione, ma non riscriverla.
Se davvero si vuole tornare a parlare di Serie D, servirà prima di tutto cambiare mentalità: non basta più affidarsi all'orgoglio e alle corse disperate. Serve costruire, programmare, credere nel lavoro prima ancora che nei nomi. Altrimenti il Bisceglie sarà condannato a rincorrere per sempre.
Il primo segnale è arrivato con l'esonero precoce di Scaringella a settembre, dopo sole tre gare di campionato e l'eliminazione immediata dalla Coppa Italia. Non è andata meglio con Loseto: il suo bilancio (6 sconfitte, 5 vittorie e 2 pareggi) non ha invertito la rotta, anzi ha consolidato l'impressione di una squadra costruita senza una precisa idea tecnica.
La svolta, come spesso accade, è arrivata grazie a un ritorno: quello di Pino Di Meo, già protagonista nella scorsa stagione di una straordinaria rincorsa, culminata nella finale persa contro il Costa d'Amalfi. Anche quest'anno il tecnico ha compiuto un piccolo miracolo: 38 punti nel girone di ritorno, con 14 vittorie e solo 3 sconfitte in 22 partite. Numeri da capolista che hanno restituito al Bisceglie dignità, entusiasmo e competitività.
Eppure, non è bastato. Nonostante il passo da schiacciasassi nei mesi finali, il peso delle incertezze iniziali si è fatto sentire, rendendo la rincorsa una missione disperata. E ora bisogna chiedersi: si poteva agire prima? Perché è stato necessario toccare il fondo prima di affidarsi nuovamente a chi, già l'anno scorso, aveva dimostrato di saper plasmare questo gruppo?
La risposta, forse, sta proprio nella gestione di una stagione nata male e salvata solo in extremis dall'orgoglio e dalla qualità del lavoro di Di Meo. Ma il tempo, a questi livelli, è una risorsa che non si può sprecare.
Il vero limite del Bisceglie non è stato cadere nei playoff, ma essere partito zoppicando in una corsa che non ammetteva ritardi. Quando rincorri per mesi gli errori di programmazione, anche il miglior sprint finale rischia di essere inutile. Si può salvare una stagione, ma non riscriverla.
Se davvero si vuole tornare a parlare di Serie D, servirà prima di tutto cambiare mentalità: non basta più affidarsi all'orgoglio e alle corse disperate. Serve costruire, programmare, credere nel lavoro prima ancora che nei nomi. Altrimenti il Bisceglie sarà condannato a rincorrere per sempre.